venerdì 9 maggio 2008

I FRAMMENTI DELLA SPERANZA


La politica dei governi europei sta diventando sempre più inadeguata all’evoluzione del genere umano. Talmente inadeguata che persino la direttiva “Rimpatrio” sulle espulsioni dei migranti clandestini è stata momentaneamente bloccata dagli ambasciatori dei 27 paesi dell’UE, ma solo perché la vogliono più dura.
La suddetta direttiva prevedeva già delle norme che rendevano più che evidente la strada intrapresa: detenzione di 6 mesi, con la possibilità di ampliare questo periodo a 18 mesi, espulsione anche per i minori non accompagnati, impossibilità a ritornare sul suolo europeo per 5 anni. Ma non basta. Alcuni paesi, tra cui brilla l’Italia, vogliono norme ancora più dure: ridurre il tempo a disposizione del migrante per decidere di andarsene di propria volontà, possibilità di espellere subito i minori anche se non hanno terminato l’anno scolastico. Alcuni paesi non vogliono nemmeno spendere soldi per assicurare un’assistenza legale gratuita.

La strada intrapresa dell’Unione Europea in materia di immigrazione non porta da alcuna parte, se non verso il precipizio. Negli ultimi anni i governi europei sono risucchiati in un vortice che prima o poi li catapulterà fuori dalla storia umana. Infatti, soprattutto le nuove generazioni ormai hanno capito che l’identità culturale acquisita sin dalla nascita è solo un frammento e non è assolutamente adatta a dare la misura del tutto.
I giovani che inneggiano all’identità nazionale sono solo una minoranza addestrata da vecchie menti rimbambite e la loro violenza è solo l’ennesima dimostrazione della propria debolezza. Come ogni espressione violenta, non sono certo da sottovalutare, ma direttive come quella che si appresta ad approvare l’UE non fanno altro che nascondere l’insita debolezza dei neonazisti e razzisti di turno, legittimandone l’espressione e alimentando in loro, quindi, l’illusione di essere depositari di una forza in realtà inesistente.

Il futuro dell’essere umano va in un’altra direzione, quella della nazione umana universale. I motivi più evidenti per cui tanti esseri umani si allontanano dal proprio paese sono indubbiamente legati alla volontà di fuggire da condizioni di estrema difficoltà, determinate in fin dei conti da una distribuzione totalmente iniqua della ricchezza mondiale. La recente crisi del cibo, che sta alimentando nei paesi più poveri sanguinose rivolte contro l’innalzamento dei prezzi dei generi di prima necessità, ne rappresenta l’ultima ed ennesima dimostrazione.
Solo queste motivazioni dovrebbero essere più che sufficienti per abbattere il muro che l’Europa sta innalzando sui propri confini. Ma ridurre a motivi esclusivamente economico-politici la spiegazione di queste migrazioni non è sufficiente a dare la misura reale di ciò che sta succedendo.
La comprensione può ulteriormente avanzare se guardiamo quel “frammento” che ognuno di noi ha in mano. Un frammento che rappresenta la propria identità culturale e che troppo spesso si tende a far diventare la misura del tutto. Non c’è frammento che sia uguale ad un altro, ma c’è una forza che tende a riunire tutti questi frammenti. Non si tratta, quindi, di rinnegare la propria storia e la propria cultura, ma di riconoscerla in quanto frammento, che solo se riunito a tutti gli altri, può ritrovare il suo senso.
Più passa il tempo e si fa sempre più evidente il fatto che gli esseri umani sono spinti da una forza che tende all’unione. Già in varie zone del mondo, nonostante le forze contrarie siano ancora molto forti, prende forma questa possibilità storica. L’Europa non può mancare a questo appuntamento. Invece di innalzare steccati, dovrebbe sfruttare questa possibilità storica che le è data proprio dal continuo movimento di popoli e culture diverse che si sta verificando sul suo territorio. L’Europa, consapevole del suo frammento di storia e cultura, dovrebbe facilitare l’incontro con più frammenti possibile, acquisendo in tal modo il vero senso della sua stessa esistenza in quanto unione di paesi diversi.
L’atteggiamento reazionario che i governi europei stanno assumendo nasce dall’impellenza di non farsi travolgere dagli eventi. Ma non è questa l’unica alternativa alla passività. Non si tratta di lasciare che il futuro venga da sé, ma ripetere acriticamente ciò che è successo nel passato, dando l’impressione che qualcosa si stia facendo, non ci darà alcun futuro.
Se l’Europa – e con essa ogni suo cittadino - non vuole avviarsi verso l’abisso, senza sapere neanche come oltrepassarlo, deve morire al proprio passato senza rinnegarlo e andare senza indugi a riunire il proprio frammento con quelli degli altri popoli, per costruire qualcosa che non risiede più lungo i perimetri dei confini esistenti, ma li trascende.
Questa è l’Europa che vogliamo.

Roma, 9 maggio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista