giovedì 28 febbraio 2008

IL PICCOLO CHIMICO


Come al solito parlano, parlano, ma non sanno di cosa stanno parlando. Anche Veltroni fa parte di questa folta schiera di politici tanto parolai quanto ignoranti. L’ultima dichiarazione, sul tema della castrazione chimica come metodo per combattere la piaga della pedofilia, è un emblematico esempio di questa attitudine di molti politici a parlare senza sapere. Veltroni ha perso un’altra occasione per stare zitto.
In poche parole, il leader del partito democratico ha dichiarato che, se fosse sicuro dell’efficacia della castrazione chimica, non avrebbe alcun problema a promulgare una legge che ne permettesse l’uso. Questo non è inseguire la destra, questo significa semplicemente essere destra.
La proposta di usare metodi di questo genere è compatibile solo con la voglia più generale che hanno tutti i fascisti di risolvere i problemi sezionando e dividendo, sia che si tratti di tagliare teste o mani, sia che si tratti di isolare o espellere. Sia che si tratti, come in questo caso, di castrare.
Eppure sia la storia che la scienza hanno dimostrato innumerevoli volte quanto queste metodiche siano inutili e addirittura più dannose del problema che vorrebbero risolvere.
Nel caso specifico della castrazione chimica, si tratta della somministrazione di un preparato ormonale, il medrossiprogesterone acetato, che agisce a livello cerebrale inibendo la produzione di altri ormoni che stimolano i testicoli a secernere testosterone. In questo modo si abbassa il desiderio sessuale, ma molto spesso aumenta l’aggressività.
Inoltre l’effetto dura fin quando il farmaco viene somministrato e quindi, una volta sospeso il trattamento, siamo punto e da capo. Anzi, l’aumento dell’aggressività avrà contribuito, nel frattempo, a rendere il soggetto potenzialmente più pericoloso di prima.
Sapeva tutto questo il signor Veltroni quando ha aperto la bocca e le ha dato fiato?
Lo sa il signor Veltroni che la pedofilia è un inferno infinitamente più terribile e che quindi va affrontato molto più seriamente, invece di giocare al piccolo chimico? Già qualche anno fa i minori che in Italia si prostituivano, in appartamenti, nightclub e palestre, erano 1.500; quasi 5.000 erano solo i casi denunciati di abuso sui minori.
Di fronte a questo inferno, molti politici, da Veltroni a Calderoli, passando per Fini, si permettono di parlare senza sapere, di usare questo tema solo per fare propaganda elettorale. Si permettono di essere così superficiali da prevedere, da buoni esponenti della destra, solo provvedimenti di per sé falsi, perché incidono solo a valle, dimenticando che i problemi si risolvono solo a monte, nella loro radice.
Non sanno, o fanno finta di non sapere, che i pedofili s’insinuano proprio negli spazi lasciati vuoti da chi, invece di amare i bambini, li abbandona. Ed è proprio in nome di questo amore che si dovrebbe invece dichiarare, a chiare lettere, che solo la fine della mercificazione e della strumentalizzazione del bambino, oggetto anch’egli di aggressioni chimiche a colpi di psicofarmaci e di aggressioni psicologiche a colpi di messaggi violenti veicolati dai mass-media, può veramente contribuire a spegnere l’incendio della pedofilia.
Certo, è molto più comodo deresponsabilizzarsi ed affidarsi alla sbrigativa soluzione chimica. Ma fare veramente politica, signor Veltroni, è molto più impegnativo. Significa, per esempio, mettere in moto azioni preventive e formative per l’interesse comune. Altro che castrazione e inasprimento delle pene! Perché, quindi, insistere a fare politica se il sogno è giocare al piccolo chimico?

Roma, 28 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 16 febbraio 2008

MESSAGE IN A BOTTLE


Se questi sono i punti programmatici del Partito Democratico, figuriamoci che devono essere i programmi elettorali dall’UDC verso destra. No, non tira una buona aria su queste elezioni. Un’aria già resa pesante dalle fortissime pressioni esercitate dalla lobby ecclesiastica, anche su una buona fetta dello stesso PD.
Ed ecco che si scopre, dietro le quinte dello spettacolo mediatico messo su da Veltroni e Berlusconi, che i programmi sono sempre sostanzialmente gli stessi.
Avevano detto “basta, adesso si cambia”. Basta a che cosa? Si cambia che cosa? Hanno cambiato l’arredamento della vetrina, ma i capi di abbigliamento sono sempre gli stessi. Prima a destra c’era una cesta contenente varie camicie e a sinistra c’era un’altra cesta contenente varie maglie. Adesso hanno rimosso le ceste, e quindi a destra le camicie sono messe un po’ a caso, così come a sinistra le maglie sono disposte ugualmente un po’ a caso. Il dato di fatto concreto è che sia le camicie che le maglie sono sempre le stesse. E i punti programmatici presentati da Veltroni ne sono una dimostrazione lampante.
Prima di tutto vengono confermate tutte le opere inutili, se non dannose, già programmate: rigassificatori, termovalorizzatori, Alta Velocità e completamento della Tav. Alla faccia del “coinvolgimento” e della “consultazione dei cittadini”, sbandierati, come se niente fosse, nello stesso punto programmatico che prevede le suddette opere. Opere contro cui centinaia di migliaia di cittadini si sono opposti affrontando spesso il freddo delle notti invernali e il calore degli scontri con le forze dell’ordine.
Il precariato, vera piaga del XXI secolo, viene trattato come se fosse solo un problema di soldi, promettendo che tutti i giovani precari non dovranno più percepire meno di mille euro al mese. Non viene assolutamente messo in discussione né il sistema economico né la legislazione che hanno permesso che si allargasse in pochissimi anni il baratro in cui sono caduti milioni di precari, costretti a vivere ogni giorno di lavoro come se fosse il primo giorno, senza la possibilità di pianificare un bel niente nella propria vita.
Molte cose sono ridotte a solo un problema di soldi. Come la grande bufala della riduzione delle tasse, usata da tutti i partiti, compresi quelli della cosiddetta sinistra radicale, come panacea per tutti i mali. Ma Veltroni ha il senso della giustizia e promette, in un impeto che ricorda Robin Hood, che la riduzione delle tasse riguarderà solo chi se lo merita, cioè i contribuenti leali. In questo modo solo i lavoratori dipendenti avranno il piacere di pagare 100 euro di tasse in meno e 300 euro di bollette in più, per ritrovarsi, come si dice in alcune zone del saggio sud, “cornuti e mazziati”. Poi, siccome le bollette non bastano, saranno costruite 700mila case, il cui affitto varierà dai 300 ai 500 euro mensili: chissà cosa mangeranno i precari a mille euro al mese di cui sopra?
E se pensassero di fare un figlio? Non c’è problema, ci pensa zio Walter: ti regala ben 2.500 euro, così, perché è buono. E siccome questa promessa ha come obiettivo l’inversione del trend demografico, nel caso la donna volesse rivendicare la sua libertà di scelta rispetto alla sua gravidanza, non solo dovrà considerare i possibili insulti che riceverebbe se decidesse di non portare avanti la gravidanza, ma ora si aggiunge anche il ricatto, in special modo se è disoccupata o precaria, dell’aver rinunciato a 2.500 euro.
Se tutto dovesse andare male, possiamo sempre consolarci davanti alla TV, che sarà, come promette Walter, a banda larga per tutta Italia.
Il resto dei punti programmatici è la solita insalata di promesse riguardanti la giustizia, la sicurezza, il controllo della spesa pubblica.
Ebbene, signore e signori, questo è il succo del programma del maggiore partito alternativo alla destra. Nulla sulla guerra, sulla difesa della legge 194, sulla sanità e sull’educazione. Nulla, soprattutto, sulla dignità democratica di questo paese, calpestata innumerevoli volte. Attraverso operazioni di falsa democrazia, come le elezioni primarie, la vera democrazia è stata allontanata ancora un po’. Le hanno fatto prendere il largo e adesso è solo un puntino lontano che si vede in mezzo ad un mare di ipocrisie e falsità.
Ma il mare non è mai fermo. Le sue onde a volte prendono direzioni inaspettate e da quel puntino lontano che si vede all’orizzonte potrebbe arrivare un messaggio in una bottiglia. Un messaggio di speranza. Un messaggio di liberazione. Teniamo gli occhi aperti.

Roma, 16 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 9 febbraio 2008

LA FABBRICA DEI SOGNI


Uno spettacolo avvincente, non c’è che dire. Il teatrino della politica italiana si è fatto grande, ora è diventato un vero e proprio spettacolo. In pieno stile “fabbrica dei sogni”, ogni giorno c’è una novità, un colpo di scena, un evento che nessuno poteva immaginare.
In ambedue gli schieramenti nessuno si risparmia. Berlusconi non poteva sopportare che Veltroni gli rubasse la scena e la parte da protagonista. Insieme alla sua affidabile spalla Fini, lo showman di Arcore, che da 15 anni calca il palcoscenico della politica italiana, ne ha inventata un’altra delle sue, riconquistando il primato nelle prime pagine di tutti i giornali e telegiornali. Veltroni però non perde terreno e riesce, finora, a spartire la scena con il re dei piazzisti. Nonostante le genuflessioni della sinistra cosiddetta “radicale”, egli con fierezza non cede alle lusinghe e continua ad interpretare con grande abilità il personaggio del Lone Wolf all’italiana.
Ma come in ogni buona commedia all’italiana, i personaggi non possono essere così pochi. Il palcoscenico è troppo grande per così pochi attori e deve essere riempito. Ed ecco che appaiono, da dietro le quinte, un ex sindacalista con un mazzo già appassito di rose bianche in mano, un ex governatore regionale e una parlamentare europea con un paio di gruppetti di fascisti che non mancano mai, qualche razzista leghista che continua a gridare “ce l’ho duro” e tutti hanno ormai capito che si riferisce al suo cervello, altri tre o quattro gruppi democristiani che fanno la parte dei difficili solo per avere ancora un po’ di tempo per capire qual è il carro del vincitore su cui salire.
Insomma un bel film, con tutti gli attributi adatti per intrattenere un pubblico disposto a seguirlo. Ma chi è disposto a seguire questo film? Dipende.
Pur di non perdere il posto, molti politici stanno facendo tutto il possibile per rinnovare la propria immagine. Nel frattempo, c’è anche chi dice che basterebbe mandare a casa tutti i politici che occupano ormai da troppo tempo i seggi parlamentari e le poltrone istituzionali. I vecchi politici annuiscono, sapendo che questi argomenti non metteranno neanche minimamente in pericolo la posizione che occupano. Anzi, che ben vengano tali argomenti, se serviranno a canalizzare la voglia di ribellione che serpeggia nella popolazione; per questo sono anche disposti a farsi insultare dal Grillo di turno, se serve a distrarre la gente.
A che serve, in fondo, cambiare generazione di politici, se non cambia il senso di fare politica? Anzi, tutto sembra confermare il dato che nel cambio generazionale avvenuto finora nella politica italiana sono più numerosi gli svantaggi che i vantaggi. La classe politica uscita dalla Resistenza era stata in grado di concepire una delle migliori carte costituzionali del mondo; la classe politica attuale non è neanche capace di concepire una semplice legge elettorale veramente rispettosa del volere dei cittadini.
Quante persone saranno in grado di mantenere l’attenzione, senza farsi distrarre dall’ultimo film distribuito dalla nostrana fabbrica dei sogni? Maggiore sarà il numero di queste persone, maggiore sarà la possibilità di vedere finalmente emergere, dalle ceneri di questa democrazia formale, la vera democrazia, quella reale, diretta. Da questa possibilità dipenderà la bontà o meno del futuro di questo paese.

Roma, 9 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

domenica 3 febbraio 2008

LE QUATTRO GUARDIE SVIZZERE


Non è certo una scoperta scientifica quella che hanno fatto i 4 direttori delle cliniche ginecologiche delle università romane, quando hanno affermato, in un documento congiunto, che “un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente”. E allora, se non è una scoperta scientifica, perché tanto risalto? I motivi potrebbero essere diversi.
Il primo motivo sta nel fatto che tale documento è stato presentato nell’ambito di un convegno in occasione della Giornata della Vita, proprio nel periodo in cui si è riaffacciata per l’ennesima volta la volontà di cancellare la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, sia da parte del Vaticano, che da parte di chi non perde occasione per attaccare frontalmente i diritti delle donne.
Puntuale come un orologio svizzero, la dichiarazione dei quattro direttori universitari ha preceduto di sole 24 ore le parole che il Papa ha pronunciato in piazza S.Pietro, il quale si è potuto avvalere anche delle affermazioni degli insigni cattedratici per dare l’ennesimo affondo sull’aborto. In questo modo l’attacco alla legge 194 comincia a non apparire più soltanto come una specie di “idea fissa” dei soliti cattolici integralisti, ma è evidente il tentativo di dare sempre più alle ragioni degli anti-abortisti delle fondamenta scientifiche.
Data la disponibilità a queste manovre dei quattro direttori delle cliniche ginecologiche di La Sapienza, Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico, vien quasi da domandarsi, vista anche la puntualità del loro intervento, se non avessero avuto maggior fortuna nella carriera di guardie svizzere.
D’altra parte, se non fosse per questi poco scientifici intenti, che ben si combinano con la recente proposta di moratoria sull’aborto fatta da quel campione di obiettività giornalistica che è Giuliano Ferrara, il documento dei quattro dell’Ave Maria non sarebbe altro che la conferma della validità della legge 194. Perché? Vediamo.
Nella legge n.194 del 22 maggio 1978 si prevedono due possibilità per l’interruzione di gravidanza. La prima è quella prevista nei primi 90 giorni di gravidanza per “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”. Questo caso, in cui si parla di aborto entro la 13esima settimana, non è minimamente toccato dal documento dei 4 professori ginecologi, perché in esso si parla di aborti dopo la 22esima settimana.
La seconda possibilità prevista dalla legge 194 è quella specificata nell’articolo 6, in cui la IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
In questi casi, dicono gli insigni cattedratici, “un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente”. E qual è la novità di questa affermazione, tale da giustificare un risalto mass-mediatico così grande da conquistare il primo posto nella scaletta di tutti i telegiornali e la prima pagina di quasi tutti i giornali? Nessuna.
Infatti nell’articolo 7 della legge 194 si legge: “Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”.
A questo punto viene spontanea una domanda: se si è reso necessario, secondo i 4 direttori ginecologi, specificare questo punto, ciò vorrebbe dire che nella pratica clinica non viene seguita questa procedura che, oltre ad essere citata in una legge dello Stato, risponde anche al codice deontologico di ogni buon medico? Se fosse così, ciò vorrebbe dire che ci sono casi in cui non viene fatto ogni tentativo, che non diventi ovviamente accanimento terapeutico, per salvare la vita di un feto di più di 22 settimane? Se fosse così, risulta abbastanza chiaro che non è la legge 194, né tantomeno le donne che vi fanno ricorso, ad attentare alla vita.
Infine, risulta necessario precisare un ulteriore punto del documento dei 4 professori, in cui si dice che il neonatologo deve intervenire per rianimare il feto "anche se la madre è contraria, perché prevale l'interesse del neonato".
Ora, se l’interruzione della gravidanza è prevista dopo i primi 90 giorni solo in caso di “grave pericolo per la vita della donna”, come si può pensare che una madre possa essere contraria alla rianimazione di suo figlio, se è stata costretta ad abortire per un grave pericolo di vita? Non solo ha dovuto subire la straziante decisione di dover interrompere la vita intrauterina di un figlio che magari ha tanto desiderato, ma ora deve anche essere additata come una brutta strega che vuole impedire a suo figlio la possibilità, anche minima, di poter restare in vita.
E se pure, in qualche caso, fosse contraria, a nessuno viene in mente che il suo rifiuto potrebbe essere l’espressione di un malessere più profondo o della volontà di non voler condannare un figlio gravemente malformato ad una insopportabile vita piena di sofferenze?
Ecco, in ultima analisi, dove vogliono arrivare tutte queste iniziative. Dalla scellerata proposta di una moratoria sull’aborto alle dichiarazioni sessuofobiche dei vertici ecclesiastici, fino alle fuorvianti dichiarazioni pseudoscientifiche di qualche guardia svizzera travestita da scienziato, tutto questo ha un solo bersaglio: la donna.
E qui, come si può facilmente intuire, l’orologio della storia va indietro, non solo a prima del 1978, anno in cui fu promulgata la legge 194, ma molto più indietro, fino al medioevo, tempo in cui la Chiesa faceva il bello e cattivo tempo.
Insomma, siamo alle solite. Una non-notizia, come quella del documento delle quattro guardie svizzere col camice bianco, diventa una notizia da prima pagina solo perché è in piena sintonia col pensiero ecclesiastico. E pensare che qualcuno, quando il Papa ha rinunciato ad andare a La Sapienza in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, ha avuto la faccia tosta di dire che in Italia il Papa non era libero di esprimere la propria opinione. Non è anche questo medioevo?

Roma, 3 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 2 febbraio 2008

LA VOCE DEL POPOLO


La situazione non è delle migliori. L’Italia è in piena crisi di governo, ma in realtà la crisi, prima di essere di governo, è politica. Non è la stessa cosa. Di crisi di governo il nostro paese ne ha conosciute numerose, di crisi politiche molte di meno. Volendo fare un paragone, un’altra crisi politica si è avuta nel 1992, quando la magistratura scoperchiò la pentola di Tangentopoli e la fiducia dei cittadini nella classe politica scese a livelli mai così bassi.
Nella situazione attuale, dopo 16 anni, tale fiducia probabilmente è scesa ad un livello ancora più basso. Mentre nel ’92 i cittadini sembravano veramente arrabbiati, oggi l’Italia è semplicemente stanca. Stanca di una classe politica tanto presente in TV quanto assente in Parlamento. Stanca di uomini politici che, tranne le poche eccezioni che confermano la regola, semplicemente non sanno svolgere il compito a cui sono stati chiamati nel momento in cui sono stati eletti. Dopo tante speranze, la cosiddetta seconda repubblica non ha risolto un solo problema strutturale a qualsiasi livello, da quello economico a quello giuridico, da quello dello stato sociale a quello del sistema di rappresentanza politica.
A proposito della rappresentatività, sono state cambiate più volte le leggi elettorali, tanto che oggi in Italia ogni livello di rappresentanza politica, da quello comunale a quello europeo, ha un suo ordinamento elettorale. Il risultato finale di questa baraonda è una legge elettorale per il Parlamento che nessuno ritiene valida, neanche chi l’ha approvata.
Per quel che riguarda la condizione economica e lo stato sociale, la fuga romantica con il neoliberismo ha prodotto un livello di povertà senza precedenti dagli anni ’60 in poi: il solo fatto che milioni di persone, da troppi anni ormai, non riescono più ad arrivare alla fine del mese e che milioni di famiglie hanno qualche debito a carico è più che sufficiente per dimostrarlo. Tutto il resto, dall’incremento del Pil alle valutazioni più o meno incoraggianti provenienti dall’unione europea, sono solo chiacchiere.
Rispetto ai problemi della giustizia, possiamo solo dire che tali problemi sono talmente antichi che ormai i presidenti delle corti d’appello e il presidente della corte suprema di cassazione, impiegano ormai pochi minuti per preparare i loro discorsi per l’inaugurazione degli anni giudiziari: basta prendere quello enunciato l’anno precedente, aggiornare qualche dato, aggiustare la data, et voilà, il gioco è fatto.

L’Italia è stanca. Ma la classe politica non sembra rendersene conto e continua a delirare. Da una parte si dice che la maggioranza degli italiani non vuole andare a votare e che bisogna prima cambiare la legge elettorale; dall’altra si dice esattamente il contrario, che gli italiani non vedono l’ora di andare a votare. La domanda sorge spontanea: una classe politica che si è contraddistinta proprio per l’enorme distanza dalle reali esigenze dei cittadini, come fa ad essere così sicura di ciò che essi vogliono? Molto probabilmente hanno tutti torto. Nessuno può dire cosa vuole veramente la maggioranza degli italiani, tanto meno chi oggi si erge a portavoce di questa maggioranza.
A nulla varrà, quindi, il tentativo di formare un governo di transizione, proprio in quanto ennesima manovra verticistica che ha come unico scopo quello di mantenere a tutti i costi un potere decisionale perso ormai da molto tempo. Da troppi anni coloro che occupano le istituzioni obbediscono solo agli interessi di pochi, a discapito dei tanti che con il loro voto li hanno eletti a loro rappresentanti. Si sono venduti al miglior offerente, ma facendo così hanno perso l’unico potere che avevano il diritto di avere, quello di rappresentare gli elettori.

Ora la voce del popolo deve farsi sentire, perché chi doveva rappresentarlo non è più in grado di farlo e qualsiasi decisione sarebbe illegittima. Prima di prendere qualsiasi decisione, governo transitorio o elezioni subito, venga indetta, nel giro di massimo un mese, una consultazione popolare straordinaria per chiedere ai cittadini cosa veramente vogliono: se la maggioranza vuole le elezioni subito, queste possono essere indette in primavera; se invece la maggioranza non vuole subito andare a votare, i partiti sono obbligati dal popolo a formare un governo che metta in atto quelle che lo stesso popolo indicherà, all’interno della stessa consultazione, come priorità, svolgendo questo compito entro i tempi anch’essi indicati dal risultato della consultazione.
Ormai la tecnologia a disposizione permette di svolgere questa consultazione in tempi rapidissimi. Ci vuole solo la volontà per realizzarla.
La Costituzione parla chiaro: “la sovranità appartiene al popolo”.

Roma, 2 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista