mercoledì 31 dicembre 2008

striscia di Gaza: FATELA FINITA!


Centinaia di morti, tra cui molti civili, migliaia di feriti: perché tutto questo?
Ce lo dovete spiegare perché. Non potete continuare a sganciare bombe da una parte e a lanciare razzi dall’altra senza spiegare perché, senza spiegare a cosa serve questo ennesimo massacro.

Più di 41 anni fa, nel 1967, vi siete illusi e avete illuso il mondo intero che con una guerra-lampo di sei giorni si sarebbero risolti tutti i problemi tra israeliani e palestinesi. Ancora oggi, dopo più di 41 anni, quei problemi non si sono risolti. Perché dovremmo credere nell’efficacia dell’ennesima guerra-lampo? Spiegatecelo. Perché?

A cosa serve far saltare in aria un kibbutz israeliano con tutti i suoi abitanti? Questo darà una patria al popolo palestinese? I palestinesi hanno avuto la terra che spetta loro quando faceste esplodere un autobus con i suoi passeggeri o un ristorante con i suoi clienti? Dopo tanto sangue versato neanche un centimetro di terra è stato assegnato al popolo palestinese. Perché dovremmo credervi ora, quando parlate e uccidete in nome del popolo palestinese? Spiegatecelo. Perché?

Lo sappiamo perché non siete in grado di dare una ragione valida ai vostri omicidi. D’altronde quale potrebbe essere una valida ragione per la morte di cinque sorelline palestinesi, la cui vita è stata stroncata da una bomba israeliana che le ha colte mentre stavano dormendo? Quale valido motivo potrebbe esserci per l’uccisione di lavoratori israeliani in un cantiere dilaniato all’ennesimo razzo di Hamas?
Il ministro degli esteri israeliano ha detto: “Purtroppo in guerra qualche volta anche i civili pagano il prezzo”. Siamo sicuri che anche i dirigenti di Hamas sarebbero d’accordo con queste parole.
Ma a che servono queste parole? Ci spiegano qualcosa? La risposta più giusta a queste inutili parole è quella della madre delle cinque sorelline uccise a Jabaliya, poco distante da Gaza City: “Il sangue dei nostri bambini non conta niente per il mondo. Questo è un crimine di guerra e chi lo ha fatto dovrebbe essere portato davanti alla giustizia”.

Fatela finita. Continuate ad uccidere senza dare valide spiegazioni per la vostra inaudita violenza. Sono decenni che schiacciate vite umane come se fossero lattine vuote e ancora non siete riusciti ad assicurare ai vostri popoli, in nome dei quali dite di agire, una vita degna di essere vissuta, retta sulla pace e sulla fratellanza.
Fatela finita. È ora di cambiare. Se state marciando per invadere, smettete di marciare. Se state caricando il vostro fucile, mettete giù quel fucile. Se state lanciando l’ennesimo razzo, fermatevi. Se state sganciando l’ennesima bomba, fermatevi.
Fatela finita. Tornate a casa. Tornate dai vostri cari. Tornate a vivere e lasciate vivere.
Basta. Fatela finita.


Roma, 31 dicembre 2008

Carlo Olivieri
umanista

domenica 23 novembre 2008

MARCIA MONDIALE PER LA PACE E PER LA NONVIOLENZA ATTIVA


Ora conosciamo tutti la nuda e cruda verità.
Ci avevano detto che l’unico modo per porre fine alla tragedia dell’ultima guerra mondiale era l’uso della bomba atomica. Ci hanno ingannato.
Ci avevano detto che l’uso di una violenza inaudita avrebbe disgustato a tal punto l’umanità, che mai nessuno avrebbe più usato la violenza per risolvere i conflitti. Ci hanno tradito.

Ora conosciamo tutti la nuda e cruda verità.
La violenza non ha mai fermato e mai fermerà un’altra violenza.
C’è solo la sostituzione di una violenza con un’altra violenza.
Tutto qui? Sì, tutto qui. La violenza non conosce altra legge che quella del potere.
Ancora oggi siamo costretti a sopportare leader e opinionisti che giustificano l’uso della violenza per fronteggiare un’altra violenza.
Ipocriti. È solo la legge del potere e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo a guidare le vostre menti.

Ora conosciamo tutti la nuda e cruda verità.
Non ci ingannerete più. Non ci tradirete più.
Ora vi vediamo bene. Ora sappiamo bene chi siete. Ora sappiamo bene come vivete.
Voi, sfruttatori e oppressori, propinatori di violenze di ogni genere, non potete tenere in gabbia gli sfruttati e gli oppressi se non mettendovi anche voi nella gabbia dove li avete rinchiusi. La gabbia della violenza.

Ora conosciamo tutti la nuda e cruda verità.
Sappiamo tutti che anche dopo la distruzione più assurda,
anche dopo la violenza più inaudita, la vita persiste.
C’è una grande forza, più grande della violenza più grande.
Nonostante la supremazia apparente della violenza, c’è una grande forza che governa il mondo.
La stessa forza che ci spinge ad imparare e a vivere la nonviolenza con fede inesauribile.
L’unica vera forza che riuscirà a liberarci tutti, anche voi sfruttatori e oppressori, dalla gabbia della violenza.

Ora conosciamo tutti la nuda e cruda verità.
Alcuni dicono che la violenza ci sarà sempre.
Altri dicono che passerà ancora molta acqua sotto i ponti prima che il mondo volti definitivamente le spalle alla violenza.
Ancora una volta non ci ingannerete. Stavolta non vi crederemo.
Ora noi sappiamo che, per la Pace e la Nonviolenza, ci vorrà tanto più tempo quanto più i governi si ostineranno a nascondere i cuori di un popolo ai cuori di un altro popolo.

Ma noi non aspetteremo più. Noi vogliamo unire i nostri cuori.
Adesso. Subito. È giunto il momento.
Ora noi marceremo, che voi lo vogliate o no.
Marceremo sulla nostra amata Terra e uniremo finalmente i nostri cuori.

Roma, 23 novembre 2008

Carlo Olivieri
umanista

giovedì 13 novembre 2008

DICHIARAZIONE DI DISOBBEDIENZA


Non c’è fondo alla vergogna. Ogni volta che vengono proposti degli emendamenti al ddl sicurezza si pensa che più in fondo non si possa andare. Tempo qualche settimana e si viene puntualmente smentiti. Ecco l’ultima vergogna leghista: blocco dei flussi d’ingresso per 2 anni; pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche - compreso l'accesso al pronto soccorso - per gli immigrati irregolari; per i medici obbligo di segnalazione degli irregolari; occorrono almeno 10 anni di residenza in Italia per accedere alle case popolari; stop ai ricongiungimenti familiari. Questi gli ultimi emendamenti che la Lega Nord ha proposto al disegno di legge sulla sicurezza, ora all’esame del Senato.

La discriminazione ormai è all’ordine del giorno e nulla sembra più fermare questi barbari col fazzoletto verde. La Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, che celebra l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, sono documenti senza alcun significato per questi razzisti colmi d’odio e di paura, che ogni giorno siedono con le loro grasse natiche e le loro pance piene sui seggi del Parlamento italiano.

Ormai è diventato totalmente inutile anche lo stesso spiegare l’assurdità di proposte sempre più offensive per il genere umano e sempre più adatte ad un vero e proprio regime dittatoriale.
Ormai è giunto il momento della nonviolenza attiva; ormai è arrivato il momento della disobbedienza civile.

Io, in qualità di medico, disobbedirò, se verrà approvato, al provvedimento che mi obbligherebbe a segnalare i migranti irregolari che avranno eventualmente bisogno delle mie cure.
In qualità di medico rivendico la mia fedeltà al giuramento di Ippocrate che, tra l’altro, recita:

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:
- di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento;
- di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
- di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica;
- di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato.


Infine, essendo, oltre che medico, umanista, m’impegno a lottare con tutti i mezzi nonviolenti a mia disposizione affinché venga cancellato questo vergognoso “pacchetto sicurezza” e tutti gli emendamenti dall’inconfondibile sapore razzista ad esso collegati, nonché tutte le leggi razziste a partire dalla legge Bossi-Fini.

Roma, 13 novembre 2008


Carlo Olivieri
umanista

giovedì 24 luglio 2008

Manifestazione nazionale antirazzista a Roma il 4 ottobre


È il momento di reagire alle logiche e ai molteplici atti di razzismo istituzionale e diffuso – che arrivano ad attaccare e mettere in discussione la vita stessa – per vivere meglio ed essere tutti più liberi.
Le misure proposte dal governo Berlusconi, che ipotizzano il reato di “clandestinità aggravano e alimentano il razzismo.
Il riconoscimento della nostra comune umanità motiva una forte mobilitazione diretta e unitaria per affermare solidarietà e accoglienza per tutti.

• Contro tutti i razzismi
• Basta stragi nei mari ! Libera circolazione per tutti !
• Per la libertà e la sicurezza di tutti: solidarietà e accoglienza
• Ritiro immediato del “pacchetto sicurezza” del governo e chiusura dei C.P.T.
• Contro la direttiva della UE sul rimpatrio
• Contro le logiche repressive, criminali, discriminatorie e di sfruttamento da qualunque parte provengano

Riunione com. promotore a Roma il 13 settembre ore 16 in via scalo di San Lorenzo 67 ( sede Carta)

Info e adesioni : stoprazzismo@libero.it ; 055-2302015, 06-70302626,334-7274379; http://4ottobre2008.bloog.it

Manifestazione autofinanziata, sostienila! versamenti c/c postale Cib Unicobas n° 40899007 causale “4 ottobre”
Prime adesioni: Socialismo Rivoluzionario, Partito Umanista, Ass. antirazzista e interetnica “3 Febbraio”, Unicobas, USI-AIT RM, Utopia Rossa, Socialismo libertario, Utopia Socialista, Usi-Ait ; Presidio No Tav Bruzolo-Val Susa, Centro delle Culture , Circolo Arci “Caffè Basaglia” TO, Comitato Rom per la difesa dei diritti umani FI, Coordinamento di lotta per il lavoro NA, Centro sociale Carlo Giuliani NA, Ass. Umanista Help To Change, Ass. Umanista UnAltroMondo Onlus, Compagnia dei fuocolieri PA, Amistad-gruppo studentesco indipendente per l’autorganizzazione-FI, Comitato “Pace per Poter” PA, Comunità per lo sviluppo umano FI, Ass. Agorà Portici-NA, Stargayte, Ass. Raggio d’Azione, Fed. Umanista Sportiva, Coord. di studentesse Towanda RM, Comunità Etiope RM, Circolo Pasolini PV, La tribù dei genitori e bimbi per l’educazione alla non violenza, Pungolo -giornale umanista- FI, Diaspora Africana Italia, Ass. del Bangladesh in Italia, Comitato per la pace X Municipio RM, Comboniani di Casavatore, Ass. culturale Amici Parco Emilio, ASPER (Ass. per la tutela dei diritti umani del popolo eritreo), Chiesa libera di Avellino, Gruppo Consiliare dei Verdi di Chiaia, Posillipo e San Ferdinanado, “Cittadini Invisibili? No grazie!” Sicilia PA, Ass. E.CO.FEBIO AQ, Ass. Communitas Vesuviana Portici-NA, Mondo senza guerre MI; Opera Nomadi-Giugliano (Na); red. www.ildialogo.org ; Ass. “Agire Solidale” SR; “L’Altra Città” FI; Dimensioni Diverse MI; Ass. Offinakoinè; Spazio sociale Takuma Avigliana; Ass. Jolibè; Osserv. criminologico crimini su donne e minori; Ass. Fulbe VI; Il Satiro Saggio ; Non Solo Rieti ; Centro delle Culture Mi; Comitato provinciale Arcigay l’Approdo di Genova ; Scuole Senza Permesso (Mi) ; Comitato antirazzista “mondoinsieme” (Mi) ; Ass. di promozione sociale Luogo Comune – Vignate ( Mi) ; Comitato Antirazzista “ Iqbal Mashish” (Aq); Assemblea permanente delle donne ( Na) ; Movimento femminista proletario rivoluzionario; Agenzia Habeshia ; Associazione di volontariato Jerry Essan Masslo ( Casal di Principe); “Sinistra 2000” laboratorio di politica e cultura ( Casal di Principe); Collettivo femminista cercando la luna (Mi); Fiei ( Federazione italiana emigrazione immigrazione ) ;Filef ( Federazione Italiana lavoratori emigranti e famiglie) ; redazione “ Il bene comune”; Ass. Usciamo dal silenzio (Ge) ; Gruppo sociale progressista ; Libreria Griot ( Rm) ; Comitato No Expo ( Mi) ; Centro delle Culture ( Na) ;
Rete Laica ( Ge) ; Movimento studentesco (Ge) ; Sud Pontino Social Forum ;Ass. di vol. “ Centro Astalli Sud” ( Grumo Nevano ); La redazione Arcoris Campania ; Ass. Umanista Reciprocità ; Ass. Afrikelele (Na) ; Ass. Culturale Herabon (Rm ) ; Ass. culturale Prometeo ( Acquaviva- Ba) ; Comunità per lo sviluppo Umano ( Fi);
Stefano Montesi, Pier Maurizio Castelli, Riccardo Pieralli, Claudio Giorno (No Tav Borgone-Val Susa), Alberto ;Perino, Marina Clerico (No Tav Bruzolo-Val Susa), Maurizio Piccioni (Spinta dal Bass), Gabriele Botte (No Tav Rivoli-Val Susa), Daniele Pasinato (Presidio San Pietro in Rosà-VI), Andrea Bigalli, Marta Passarin (No Dal Molin-VI), Francesca Manzini (Folgaria-TN), Marcella Corò (No passante-Mestre), Stefano Priante (No Dal Molin-VI), Maria Casonato (No Dal Molin-VI), Sergio Pastorello (VI), Marco Brazoduro (docente di politica sociale La Sapienza-RM), Augustine Namatsi Okubo (oper. sociale-Comunità Kenia), Fakhita Haouari (Ass. Donne Marocchine in Italia-Lombardia), Mario Lana (Unione Forense per la tutela dei diritti umani), Rose Odera (Comunità del Kenia), Ippolita Sforza (Casa delle donne BS), Giuseppe Musolino (presidente Arci VA), Irene Campari (consigliera comunale indipendente PV), Hamza Roberto Piccardo (direttore www.islam-online.it), Renato Sarti (Direttore artistico Teatro della cooperativa), Ramzi Harrabi (artista tunisino), Nadia Conti (Presidente Pubblica Assistenza Campi B.-FI), Michele Bertani (dottorando in sociologia delle emigrazioni), Padre Carlo D’Antoni (Parroco Chiesa Bosco Minniti in Siracusa), Giorgio Poletti (missionario comboniano), Nino De Amicis (Spinta dal Bass), Nicoletta Dosio (Val Susa), Daniela Francou (Val Susa Caprie), Mauro Sonzini (Val Sangone), Oscar Di Giorgio (Avigliana), Gemma Ukunda Shema (Ass. Donne Africa Subsahariana), Marco Ralli, (RSU Comune RM, Coordinatore ASBEL CNL), Massimo Reggio (RSU Comune RM), Gennaro Francione (giudice, scrittore), Ziad Zahra (coop. Il Biscione GE), Antonio Lucchesi (vicepresidente Ass. Insieme Fi), Elvira Cioffari (RSU/RLS Telecom Italia-TO), Francesco Surdich (vicepreside Facoltà di Lettere Università GE), Andrea Agostini (ambientalista GE), Matteo Podrecca (Ecoculture), Elena Coccia (giuristi democratici), Mirdga Zahirul (Comunità del Bangladesh VI), Isidoro Mobei (A3F -VR), Babacar Ndiaye (cantante dei Rastabarra Djembe-Senegal), Nereo Turati (Consigliere nazionale Opera nomadi-VI), Mamadou Konte (Comunità Fulbe VI), Roy Paci (cantante), Renzo Casali (fondatore Comuna Baires-MI), Avv. Mariagrazia Mei (MI), Angelo Caruso (Sit-Art MI), Angela Molteni (scrittrice), Francesco Gisonni-Joe Contromano -(musicista); Marco Sodi (formatore alla non-violenza Univ. FI); Alessandra Buggenig (produttrice del film “Lettere dal Sahara”); Monica Bacis (giornalista); Matteo Gigante (rapp. Cps RM ); Nasser Vaghefi (giornalista tv iraniana); Pierangelo Monti (Godd Samaritan e Mir Ivrea ); Rosanna Remon (maestra tango argentino MI); Bianca Pitzorno (scrittrice); James Taylor Quartet; Dennis & the Jets; Alessandra Durante (MI); Gennaro Varriale (Formia); Patrizia Cammarata (delegata CUB VI); Luigi Revrenna (rete G.a.s. VI); Daniele Bonazza (Filmmaker-BO); Zahalka Tak (medico palestinese-PD); Nora Rodriguez (Arci servizio civile-VI); Don Alessandro Santoro (Comunità delle Piagge-FI); Giulietto Chiesa (giornalista); Irina Casali (regista teatrale); Lorenzo Carletti (Univ. PI); Don Andrea Della Monica (oratorio S. Bartolomeo-CO); Mercedes Frias, Alexian Santino Spinelli ( musicista e docente univ. ) ; Daniela De Rentis ( Ass. Naz. Thèm Romano onlus) ; Doriana Goracci ( Capranica VT) ; Giuseppe Cacciatore ( docente di filosofia Università di Napoli); Almamegretta ( gruppo musicale); Pietro Angelici ( docente antropologia univ. di Na ); Guglielmo Tocco ( scrittore e filmaker) ; Gerarda Franciuli (liceo Virgilio Rm) ; Irene Storace ( traduttrice) ; Ettore De Lorenzo ( giornalista Tg3) ; Andrea Paolillo ( Avvocato) ; Rita Disco ( Rete scuole di cittadinanza attiva- assemblea territoriale di Siracusa) ; Nathalie ( cantautrice) ; La Zurda ( Buenos Aires) ; Baby Blue ( Prato); Arturo Ghinelli (Mo) ; Dante Bedini ( dirett. prov. Cgil scuola di Teviso- Rete 28 aprile ) ; Gian Felice Facchetti ( artista teatrale) ; Diego Nunziata ( videomaker) ; Don Gallo ( Comunità di San Benedetto – Ge) ; Maria Tiziana Lemme (Rm); Train de Vie (gruppo musicale) ;

domenica 29 giugno 2008

LA VERA SICUREZZA


La proposta di identificare tramite dati biometrici tutti i rom presenti sul suolo italiano, compresi i minori, odora fortemente di xenofobia, se non di vero e proprio razzismo. Il ministero degli interni rassicura sul fatto che queste scelte sono in linea con l’Unione Europea: e allora? Anche se una determinata norma fosse applicata in tutta Europa, ciò non significa necessariamente che sia giusta.
Inoltre, anche se fossero censiti tutti i bambini rom, con tanto di impronte digitali, che cosa si sarebbe concluso? Molto probabilmente niente, se si esclude ovviamente l’effimero valore rassicuratorio che un provvedimento di questo genere potrebbe avere per tutti quegli italiani che ancora hanno bisogno di un “papà che li protegga dall’uomo nero”.
Molti invece sono i cittadini, dagli assistenti sociali agli insegnanti, dagli psicologi ai volontari, che ogni giorno devono superare una miriade di ostacoli per operare a favore dell’integrazione dei bambini rom, come di tutti gli altri bambini figli di stranieri residenti in Italia. Forse non tutti i bambini rom sono censiti, ma ciò che più conta è il fatto che solo il 37% di quelli segnalati è preso in carico ed inserito in un progetto di reinserimento sociale.
E allora, invece di spendere soldi per la militarizzazione del territorio e per mandare i vigili a sporcare d’inchiostro i polpastrelli dei piccoli rom, vengano aumentate le risorse umane ed economiche per incrementare la capacità di reinserimento sociale di questi meravigliosi bambini da parte dei servizi già preposti a farlo. Questo, e solo questo tra l’altro, significa lavorare per aumentare la sicurezza di tutti.

Roma, 29 giugno 2008

Carlo Olivieri
Umanista

sabato 21 giugno 2008

DIRETTIVA "RIMPATRI"


UNA DIRETTIVA CHE NON CI INTERESSA

Cosa avete deciso di fare?
Avete deciso di chiudere per 18 mesi nei lager del 21° secolo tutti gli esseri umani che sono sbarcati in Europa, senza regolare biglietto?
Lo avete deciso pur sapendo che questi esseri umani fuggono dalla fame, dalla guerra, dalla povertà?
Non ci interessa affatto. Continueremo ad abbracciare chi viene qui perché ha fame; continueremo ad abbracciare chi viene qui perchè ha paura di morire.

Unione Europea? Di quale unione si sta parlando?
Un’unione che si barrica dietro gli steccati, un’unione che imprigiona se stessa per difendere a tutti i costi un benessere sempre più illusorio? No, non ci interessa. Non ci interessa affatto.

Diritti europei? Di quali diritti vogliamo parlare? Il diritto di imprigionare un bambino straniero anch’egli sbarcato senza regolare biglietto, e di espellerlo senza pietà, anche se non accompagnato?
Se questi sono i vostri diritti, ebbene no, questi diritti non ci interessano affatto.

Non ci piace la puzza di chiuso che si respira. Se voi chiudete le finestre, noi le riapriremo. Le chiuderete mille volte? Noi le riapriremo mille volte.

Volete ridurre l’Europa ad una setta di visi pallidi ammuffiti, rannicchiati a difendere una ricchezza accumulata sulla pelle di quello che ancora vi ostinate a chiamare “terzo mondo”. No, ci dispiace, ma non ci interessa.

Non ve siete neanche accorti, ma la vera Europa ha già i volti di mille colori, la vera Europa parla già tutte le lingue del mondo. Sarà sempre più così, nonostante voi.
Potete promulgare tutte le direttive che volete, potete costruire tutti i lager che desiderate, potete alzare i vostri steccati fino al cielo, se volete, ma non fermerete mai l’essere umano che verrà.

Roma, 21 giugno 2008

Carlo Olivieri
Umanista

giovedì 19 giugno 2008

LE VITTIME DELLO SCUDO STELLARE


Non sappiamo quante vittime ci sarebbero se scoppiasse una guerra nucleare, ma sappiamo quante vittime ci sono già oggi per costruire le armi nucleari.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oggi ci siano
178 milioni di bambini malnutriti nel mondo e che 20 milioni siano affetti da malnutrizione grave. Ogni anno la malnutrizione contribuisce alla morte
di un numero di bambini
compreso tra i 3,5 e i 5 milioni sotto i 5 anni di età.

Quanti miliardi ci vorrebbero per salvare milioni di bambini dalla fame?
Sicuramente molti di meno dei 50 miliardi di dollari previsti per lo scudo stellare.

Trattiamo gli altri
come vorremmo essere trattati.

Opporsi allo scudo stellare e agli armamenti nucleari non significa soltanto salvare il nostro futuro,
ma significa anche migliorare
il presente di milioni di esseri umani.

Carlo Olivieri
umanista

sabato 14 giugno 2008

SEGNALI DI FASCISMO


Roma, 14 giugno 2008

Militari nelle città. Brutto segno. Brutto come lo è quasi tutto quello che sta facendo, o annunciando di fare, l’attuale governo. Il governo più di destra che la repubblica italiana abbia mai avuto da quando è nata.
Per i prossimi sei mesi, ovviamente rinnovabili, 2.500 militari si andranno ad affiancare alle forze dell’ordine nel presidiare i luoghi considerati più a rischio delle maggiori città italiane. Se a questa ultima trovata aggiungiamo, con la scusa dell’ultimo giro di vite sulle intercettazioni, le minacce di arresto per i giornalisti; se aggiungiamo la possibilità di chiudere i migranti nei centri di permanenza, come previsto dall’ultima direttiva europea, anche per 1 anno e mezzo e la criminalizzazione di tutti i migranti senza permesso di soggiorno; se aggiungiamo la minaccia di manganelli ed esercito per chi ostacola l’accesso, anche con un pacifico sit-in, ad altre pattumiere a cielo aperto nella già martoriate terre campane; se aggiungiamo i rastrellamenti nei quartieri a più alto tasso di popolazione straniera e gli sgomberi dei campi nomadi; se aggiungiamo, infine, i tanti piccoli atti di razzismo che si moltiplicano e si stanno verificando ormai quotidianamente, ne viene fuori un quadro ben poco felice del nostro paese.

Come per il lupo, anche per la destra, vale il detto: “perde il pelo, ma non il vizio”.
Tutti questi brutti segni sono, inequivocabilmente, segnali di fascismo. Come il sindaco di Roma, che sotto la camicia porta la croce celtica, numerosi componenti del governo Berlusconi nascondono sotto il vestito la vecchia camicia nera. E come accadde nel ventennio mussoliniano, anche oggi si sta cercando di stringere nella morsa autoritaria le nostre città, mentre i poteri economici più forti possono fare il loro comodo più indisturbati che mai.
Ecco quindi, la vera faccia del governo Berlusconi: è la faccia inconfondibile del fascismo.

Ora si tratta di contrastarlo, prima che faccia danni irreparabili e ci faccia tornare indietro di cento anni. L’appello a tutti i cittadini democratici è chiaro e semplice: apriamo gli occhi, organizziamoci, formiamo gruppi spontanei in tutti i nostri quartieri e poniamo una barriera nonviolenta contro la dilagante violenza che si sta preparando. Non permettiamo a questi nostalgici di “ordine e disciplina” di rosicchiare pezzo dopo pezzo la sovranità popolare e costruiamo una società più radicalmente democratica, che non dia mai più la possibilità ai fascisti di prendere il potere.

Carlo Olivieri
umanista

venerdì 9 maggio 2008

I FRAMMENTI DELLA SPERANZA


La politica dei governi europei sta diventando sempre più inadeguata all’evoluzione del genere umano. Talmente inadeguata che persino la direttiva “Rimpatrio” sulle espulsioni dei migranti clandestini è stata momentaneamente bloccata dagli ambasciatori dei 27 paesi dell’UE, ma solo perché la vogliono più dura.
La suddetta direttiva prevedeva già delle norme che rendevano più che evidente la strada intrapresa: detenzione di 6 mesi, con la possibilità di ampliare questo periodo a 18 mesi, espulsione anche per i minori non accompagnati, impossibilità a ritornare sul suolo europeo per 5 anni. Ma non basta. Alcuni paesi, tra cui brilla l’Italia, vogliono norme ancora più dure: ridurre il tempo a disposizione del migrante per decidere di andarsene di propria volontà, possibilità di espellere subito i minori anche se non hanno terminato l’anno scolastico. Alcuni paesi non vogliono nemmeno spendere soldi per assicurare un’assistenza legale gratuita.

La strada intrapresa dell’Unione Europea in materia di immigrazione non porta da alcuna parte, se non verso il precipizio. Negli ultimi anni i governi europei sono risucchiati in un vortice che prima o poi li catapulterà fuori dalla storia umana. Infatti, soprattutto le nuove generazioni ormai hanno capito che l’identità culturale acquisita sin dalla nascita è solo un frammento e non è assolutamente adatta a dare la misura del tutto.
I giovani che inneggiano all’identità nazionale sono solo una minoranza addestrata da vecchie menti rimbambite e la loro violenza è solo l’ennesima dimostrazione della propria debolezza. Come ogni espressione violenta, non sono certo da sottovalutare, ma direttive come quella che si appresta ad approvare l’UE non fanno altro che nascondere l’insita debolezza dei neonazisti e razzisti di turno, legittimandone l’espressione e alimentando in loro, quindi, l’illusione di essere depositari di una forza in realtà inesistente.

Il futuro dell’essere umano va in un’altra direzione, quella della nazione umana universale. I motivi più evidenti per cui tanti esseri umani si allontanano dal proprio paese sono indubbiamente legati alla volontà di fuggire da condizioni di estrema difficoltà, determinate in fin dei conti da una distribuzione totalmente iniqua della ricchezza mondiale. La recente crisi del cibo, che sta alimentando nei paesi più poveri sanguinose rivolte contro l’innalzamento dei prezzi dei generi di prima necessità, ne rappresenta l’ultima ed ennesima dimostrazione.
Solo queste motivazioni dovrebbero essere più che sufficienti per abbattere il muro che l’Europa sta innalzando sui propri confini. Ma ridurre a motivi esclusivamente economico-politici la spiegazione di queste migrazioni non è sufficiente a dare la misura reale di ciò che sta succedendo.
La comprensione può ulteriormente avanzare se guardiamo quel “frammento” che ognuno di noi ha in mano. Un frammento che rappresenta la propria identità culturale e che troppo spesso si tende a far diventare la misura del tutto. Non c’è frammento che sia uguale ad un altro, ma c’è una forza che tende a riunire tutti questi frammenti. Non si tratta, quindi, di rinnegare la propria storia e la propria cultura, ma di riconoscerla in quanto frammento, che solo se riunito a tutti gli altri, può ritrovare il suo senso.
Più passa il tempo e si fa sempre più evidente il fatto che gli esseri umani sono spinti da una forza che tende all’unione. Già in varie zone del mondo, nonostante le forze contrarie siano ancora molto forti, prende forma questa possibilità storica. L’Europa non può mancare a questo appuntamento. Invece di innalzare steccati, dovrebbe sfruttare questa possibilità storica che le è data proprio dal continuo movimento di popoli e culture diverse che si sta verificando sul suo territorio. L’Europa, consapevole del suo frammento di storia e cultura, dovrebbe facilitare l’incontro con più frammenti possibile, acquisendo in tal modo il vero senso della sua stessa esistenza in quanto unione di paesi diversi.
L’atteggiamento reazionario che i governi europei stanno assumendo nasce dall’impellenza di non farsi travolgere dagli eventi. Ma non è questa l’unica alternativa alla passività. Non si tratta di lasciare che il futuro venga da sé, ma ripetere acriticamente ciò che è successo nel passato, dando l’impressione che qualcosa si stia facendo, non ci darà alcun futuro.
Se l’Europa – e con essa ogni suo cittadino - non vuole avviarsi verso l’abisso, senza sapere neanche come oltrepassarlo, deve morire al proprio passato senza rinnegarlo e andare senza indugi a riunire il proprio frammento con quelli degli altri popoli, per costruire qualcosa che non risiede più lungo i perimetri dei confini esistenti, ma li trascende.
Questa è l’Europa che vogliamo.

Roma, 9 maggio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

martedì 29 aprile 2008

Roma alla destra COMPLIMENTI!


Alla fine ci sono riusciti. Non è stato facile, ma alla fine ci sono riusciti a consegnare Roma alla destra. Complimenti. Complimenti veramente.
Complimenti ai grandi strateghi della sinistra italiana e romana, per la loro capacità di rendere, nel giro di 20 anni, i propri partiti così leggeri ed evanescenti, da risultare alla fine inesistenti sul fronte dei conflitti reali.
Una sconfitta così sonora non dipende dal tema “sicurezza”, come ora si affrettano a dichiarare i vertici del P.D., ma proviene da molto più lontano. I semi di tale sconfitta erano già stati sparsi sul terreno, molto prima dei tempi in cui Rutelli esultava per il suo primo mandato di sindaco di Roma nell’ormai lontano 1993. I 15 anni successivi sono serviti a coltivare con estrema accuratezza ciò che oggi risulta evidente agli occhi di tutti.
La grande abilità, infatti, sta nell’essere riusciti a rendere quasi indolore la caduta di Roma nelle mani della destra. Dove sono i segni evidenti di 15 anni di amministrazione realmente progressista? Come mai non si percepisce che con la sconfitta di questa sinistra si sia interrotto un virtuoso cammino della città di Roma verso un futuro di reale progresso? La risposta è facile: non c’era alcun cammino. E se non c’è alcun cammino su cui progredire, non c’è alcuna sinistra.
Ma in politica, come nella vita, non si può neanche restare fermi. Se non si progredisce, si torna indietro. Ma a furia di tornare indietro, ci si incontra con chi, come la destra, è più bravo a tornare indietro, altrimenti che destra è. E allora, conservatori per conservatori, meglio scegliere quelli originali. O no?!
Non si tratta del rimpianto della vecchia sinistra comunista, ma di fronte agli inevitabili cambiamenti della società umana, si potevano dare risposte di diverso tipo. La sinistra italiana e romana è riuscita a dare le peggiori risposte che si potevano immaginare.
Bravi. Ancora complimenti.
Applausi. Applausi per aver contribuito a distruggere lo stato sociale e le conquiste dei lavoratori; applausi per aver contribuito a rendere precaria la vita di milioni di cittadini; applausi per aver privatizzato i servizi pubblici; applausi per aver trasformato l’Italia da un paese che ripudia la guerra in un paese in guerra; applausi per aver costruito i lager per i migranti; applausi per non aver costruito neanche una casa per chi ne aveva veramente bisogno; applausi per aver approvato opere inutili e dannose come la TAV e l’allargamento della base di Vicenza.

La commedia, durata 15 anni, è finita. La vetrina-Roma si è spenta. Il tempo dell’indifferenza per il dolore e la sofferenza è finito. Ora è giunto il momento della ricerca e del cammino. Ora è giunto il momento di trattare gli altri come vorremmo essere trattati. Ora il cammino per un nuovo progresso può ricominciare.

Roma, 29 aprile 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 19 aprile 2008

elezioni 2008: NON È COSÌ CHE STAREMO MEGLIO


Non è così che staremo meglio. Non con un parlamento che, in virtù di sbarramenti ben poco democratici, non accoglie più le rappresentanze politiche di milioni di cittadini. Dov’è finita la “sovranità popolare” che ancora leggiamo nella costituzione italiana? Dov’è finita l’uguaglianza di tutti i cittadini? I cittadini che hanno votato per un partito che ha raccolto il 3,9% dei voti non saranno rappresentati alla Camera, mentre quelli che hanno votato per un partito arrivato al 4,1 % saranno rappresentati. Dov’è finita la “pari dignità” di tutti i cittadini e la loro uguaglianza “senza distinzione di opinioni politiche”?

Non è così che staremo meglio. Non con una coalizione di governo che esprime, in termini di valori fondanti, ciò che di più vecchio e inutile non si potrebbe immaginare. Che cosa c’è di più vecchio e inutile della paura dello straniero? Eppure è proprio questo il valore fondante di formazioni politiche come la Lega e Alleanza nazionale. Che cosa c’è di più retrivo e superato del perdere il tempo della propria vita ad inseguire la ricchezza economica? Eppure è proprio questo il valore fondante di colui che sarà il prossimo presidente del consiglio.
È questo che si doveva dire e non è stato detto. È questo che ancora non si dice ma che dovrà essere detto.
Non lo poteva dire il partito democratico, troppo impegnato a rincorrere un fantomatico elettorato moderato, spacciando per originale ciò che invece era solo una copia sfocata della pellicola berlusconiana.
Non lo poteva dire la sinistra, diventata anch’essa una semplice formazione d’opinione e quindi troppo lontana da chi vorrebbe rappresentare. Troppo lontana per avere il coraggio di gridare all’operaio del nord che votando Lega nord si stava drammaticamente allontanando dalla risoluzione dei suoi problemi.

Tante, tantissime parole, eppure nulla è stato detto.
Non è stato detto che per uscire dalla crisi economica c’è bisogno di mettere in discussione gli egoismi e i localismi, in nome di una nuova vera solidarietà.
Non è stato detto che l’unico modo per non aver paura non è quello di chiudere le frontiere e di costruire nuovi steccati, ma di accogliere e comprendere chi versa in condizioni peggiori.
Non è stato detto che per vivere meglio non è necessario consumare di più e aumentare il Pil, ma creare e rafforzare i vincoli sociali, affinché nessuno rimanga più da solo.

Nulla è stato detto, ma è proprio per questo che c’è ancora speranza.

Roma, 19 aprile 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

mercoledì 2 aprile 2008

diritti umani violati a Milano e Firenze: AFFINITA'


A volte le coincidenze temporali possono aiutare a comprendere. La giornata del 1° aprile è stata contrassegnata da due decisioni prese da amministrazioni comunali diverse, Milano e Firenze, che, pur se partite da giunte di segno apparentemente opposto, sono significativamente affini.
L’amministrazione di centrodestra di Milano si è resa responsabile dello sgombero di una baraccopoli abitata da 800 persone rom alla Bovisa che, per le modalità usate, può essere tranquillamente considerato un atto in cui sono stati violati i più elementari diritti umani.
L’amministrazione di centrosinistra di Firenze ha deciso di rendere fuorilegge tutti i mendicanti che creano intralcio al traffico o ai pedoni. Non sono punibili per l’accattonaggio semplicemente perché la legge consente questa attività, ma d’ora in poi chi vuole svolgerla deve stare obbligatoriamente in piedi.
In ambedue i casi è alquanto evidente ciò che accomuna due giunte rette da coalizioni politiche che, se fossero nella stessa città, sarebbero avversarie tra loro. Un medico che, di fronte ad una malattia di cui è nota la causa, si limitasse a curare il dolore senza agire sul motivo che provoca tale dolore, sarebbe considerato un incapace e un ignorante. Ebbene, queste due giunte sono incapaci ed ignoranti. L’interesse propagandistico di questi due provvedimenti presi a due settimane dalle elezioni è evidente, ma l’analisi non può fermarsi qui. Come non può fermarsi alle responsabilità locali, perché è la politica nazionale a dare segni preoccupanti di incapacità ed ignoranza.
Se pure si sgombera un campo nomadi o si punisce un mendicante per problemi di illegalità, il modo di procedere dei Comuni di Milano e di Firenze sono sicuramente anticostituzionali, perché – contrariamente a quanto dice l’articolo 2 – non “riconosce e garantisce i diritti involabili dell’uomo” e non risponde alla richiesta della Repubblica di “adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Dove sono finiti i diritti inviolabili dell’essere umano quando le forze dell’ordine, non solo sgomberano bambini, donne e anziani senza dare alternative abitative decenti, ma addirittura inseguono queste stesse famiglie per impedire loro di accamparsi in un altro luogo?
Dov’è finita la solidarietà politica, economica e sociale quando, invece di guardare con sensibilità un essere umano costretto a chiedere l’elemosina, lo si punisce perché intralcia il passaggio delle automobili e dei turisti?
L’incapacità e l’ignoranza di questi amministratori è deducibile, soprattutto, dalla mancanza di qualsiasi progettualità sociale seria, che abbia come obiettivo principale l’evoluzione dei contesti dove all’abbandono e al degrado si associano più facilmente l’antisocialità e l’inserimento della criminalità organizzata. Un’evoluzione che promuova finalmente il protagonismo in ceti sociali destinati alla subalternità.
Utopia? Chissà. Ideologia? Può darsi. Ma la necessità di un approccio di questo genere, veramente politico e sociale, si sta rendendo sempre più necessario. Le vecchie soluzioni, come quelle messe in atto dalle amministrazioni di Milano e di Firenze, sono totalmente inadeguate.

Roma, 2 aprile 2008

Carlo Olivieri
Segreteria Programma nazionale
Partito Umanista

martedì 1 aprile 2008

LEGGE 194 - OBIEZIONE SENZA COSCIENZA


Sicuramente c’è qualcosa che non va. Non è possibile che in Italia l’80% dei ginecologi si dichiari obiettore di coscienza quando si tratta di interrompere una gravidanza per volontà della donna. Non è possibile soprattutto in un paese, come l’Italia, retto da una carta costituzionale in cui, all’articolo 32, si sancisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Lo Stato sta venendo meno a questo compito, perché permette che una legge non venga rispettata, ma soprattutto permette che le donne che vogliono interrompere la gravidanza siano costrette a rischiare la propria salute. Questo succede in quanto, essendo così tanti i cosiddetti “obiettori”, le liste di attesa nei pochi centri pubblici dove le donne si possono rivolgere, diventano molto lunghe, costringendole ad aspettare diverse settimane, il che rende drammaticamente meno sicuro l’intervento a cui devono sottoporsi.
Si affaccia così lo spettro dell’aborto clandestino, che prende oggi la forma dell’interruzione di gravidanza praticata in centri privati. Nonostante sia vietato, molte donne, anche inconsapevoli di star commettendo un atto illegale, sono costrette ad affidarsi al privato. Di fronte a questo fenomeno, viene spontaneo domandarsi: come mai, con tanti obiettori negli ospedali pubblici, risulta poi così facile affidarsi alle cliniche private? Come mai non ci sono obiettori anche lì? Forse molti non sono obiettori “di coscienza”, ma solo obiettori “per interesse”.
Prima della legge 194, molti dr. Jekyll che operavano in ospedali pubblici si trasformavano in tanti mr. Hyde in cliniche private. Anche volendo oggi escludere, a 30 anni dalla promulgazione della legge 194, questa assurda pratica, si può sicuramente affermare che molti obiettori lo sono solo “per interesse”, semplicemente perché solo così possono sperare di entrare nelle grazie dei tanti primari-baroni che ancora esistono.

Di fronte a tutto questo, lo Stato sembra restare inerte. A parte le regioni governate da “Comunione e Liberazione” come la Lombardia, in cui il governatore Formigoni ha costituito un vero e proprio sistema di connivenze per rendere sempre più difficile l’iter per interrompere una gravidanza, anche altre regioni non sembrano in grado di agire in modo coerente con il compito che è stato loro delegato, cioè quello di governare il sistema sanità. Ne è un esempio la Regione Lazio in cui, nonostante sia governata da una giunta di centrosinistra, i cosiddetti obiettori sono il 77,7% dei ginecologi.
Sarebbe auspicabile, in poche parole, che le istituzioni competenti mettano in atto una serie di provvedimenti che rendano almeno più equilibrata la situazione attuale, in modo tale che le donne che hanno deciso di interrompere la propria gravidanza non siano costrette a mettere in pericolo la propria vita. Fino ad arrivare all’eventualità, se fosse necessario, di assumere direttamente i tanti specialisti che hanno attualmente difficoltà a trovare lavoro per la non disponibilità a cedere ai ricatti a cui hanno invece ceduto molti degli “obiettori” di oggi.

Roma, 1 aprile 2008


Carlo Olivieri
Segreteria Programma nazionale
Partito Umanista

domenica 16 marzo 2008

FUORI DAL TEATRO


Forse mai, come in questa campagna elettorale, si è fatto tanto spesso e tanto insistentemente appello al “nuovo”. Tutti dicono che c’è bisogno di qualcosa di nuovo nella politica italiana e, ovviamente, ognuno dichiara di rappresentare quel qualcosa di nuovo, di cui si sentirebbe tanto la necessità.
Eppure, se si vanno a guardare i programmi dei partiti o si ascoltano i leader politici che si alternano nei salotti radiotelevisivi, non s’intravede nulla di nuovo. Sarà per questo che si fa un gran parlare di questo “nuovo”? Spesso capita proprio così: quando non si è capaci o non si vuole realizzare ciò che è ritenuto necessario, se ne comincia a parlare in modo eccessivo, nella speranza che, a furia di parlarne, la gente cominci a credere che ciò che andrebbe fatto, pur non esistendo, è stato veramente realizzato.
Ciò che nel frattempo dobbiamo sentirci dire, in qualità elettori, è spesso talmente vecchio da rasentare, nel 2008, il ridicolo.
Dobbiamo ancora sopportare, per esempio, chi rivendica le proprie affinità con il fascismo, in nome di un nazionalismo anti-immigrazione degno dei peggiori regimi totalitari. Non meno ridicolo, tuttavia, è il razzismo di marca leghista, i cui leader si differenziano dai criminali del ventennio fascista solo per il colore delle camicie.
Dall’altra parte le novità sono altrettanto scarse. Non si riesce a capire, per esempio, come mai la sinistra “rosso-verde” continui ad allearsi, a livello locale-amministrativo, con il partito democratico, con cui, come essa stessa dichiara, non avrebbe nulla in comune. Come se ogni tornata elettorale fosse la prima, nonostante abbia avuto, specialmente negli ultimi anni, sorprese veramente sgradevoli: dai sindaci-sceriffo alle malefatte della regione Campania, dalle incongruenze romane di stampo prima rutelliano e poi veltroniano ai voltafaccia tipici di imprenditori prestati alla politica come Illy. Senza contare i voltafaccia di cui la stessa sinistra rosso-verde è stata protagonista: primo fra tutti il voto a favore del rifinanziamento delle missioni militari italiane, come quella in Afghanistan.
Chiaramente il centro della scena è occupato dai cosiddetti big: anche aguzzando la vista, proprio non si riesce ad intravedere la benché minima ombra dell’esistenza di qualcosa di nuovo. Già è difficile notare qualche differenza tra i programmi di Veltroni e Berlusconi, figuriamoci se è possibile scorgere una novità. Non a caso, infatti, non fanno altro che passare il proprio tempo a decantare la grande novità che ognuno di essi dovrebbe rappresentare.
Tutto nuovo, insomma. Giusto?

A proposito di nuovo: chi è disponibile a cambiare il corso di questa storia ripetitiva? In qualche caso c’è qualcuno disponibile, non a cambiarlo, ma a correggerlo. Nei casi migliori ci sarebbero anche coloro che potrebbero avere la giusta sensibilità per contribuire a questo cambio, ma, nel decidere di farlo all’interno delle formazioni che sono in primo piano nell’attuale palcoscenico politico, si sono condannati al ruolo di comparse.
Continuando a sfruttare la metafora teatrale, non saranno le comparse a dire stop a questa commedia infinita. Solo il pubblico, in termini politici il popolo, ha il potere di porre fine a questa nauseante rappresentazione: deve solo decidere di alzarsi e andarsene. Di punto in bianco tutti gli attori, dal primo protagonista all’ultima comparsa, non avranno più senso di esistere, così ridicoli, con ancora i costumi addosso.
Bisognerebbe uscire da questo teatro, non prestare più attenzione a questo spettacolo che di politico non ha più niente. Il biglietto che dobbiamo pagare ha un costo troppo alto, sia in termini di morti sui campi di battaglia e sui luoghi di lavoro, che in termini di vite rese troppo difficili dalla precarietà e da salari e pensioni da fame.
Alziamoci e andiamo via. Fuori da quest’assurdo teatrino ci sono la politica e la storia che ci attendono. Vogliono essere cambiate.

Roma, 16 marzo 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

mercoledì 5 marzo 2008

ALTRI CINQUE, NON BASTA?


Non si sa se sia stato lo zolfo o l’idrogeno solforato. Sta di fatto che altri cinque operai sono morti, rapiti dalla una delle morti più assurde, quella sul lavoro.
Gli ultimi dati ufficiali dell’Inail, risalenti al 2006, parlano chiaro: in quell’anno ci furono più di 900mila incidenti sul lavoro, con più di 1.300 decessi, senza tener conto del lavoro nero e di tutti i casi che vengono fatti passare come malattie comuni. Una vera e propria guerra, che dura ormai da troppo tempo.
Oggi tutti si affrettano per approvare i decreti della legge 123 sulla sicurezza sul lavoro. È giusto, ma non basta.
Il 92% delle persone che sono morte sul lavoro, stava lavorando in piccole aziende, compresi i cinque operai di Molfetta. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che è proprio nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove non c’è l’applicazione dell’articolo 18, quello che impedisce di licenziare senza giusta causa, che si muore di più. In aziende così piccole, dove puoi essere licenziato in qualsiasi momento, si è disposti, pur di non perdere il posto di lavoro, a chiudere anche tutti e due gli occhi sulla mancanza delle norme di sicurezza.
Bastano questi pochi dati per capire dove sta il nocciolo del problema. Aumentare l’efficacia delle ispezioni e le sanzioni contro gli imprenditori inadempienti può essere anche giusto, ma se continuano a permanere le condizioni ricattatorie – compresi i contratti interinali e a progetto - che costringono i lavoratori a sopportare il rischio di perdere la propria vita, il problema non verrà risolto.
Solo se tutti i lavoratori, compresi i dipendenti delle aziende più piccole, saranno nelle condizioni di farsi rispettare senza il rischio di perdere il lavoro, si ridurrà drasticamente il numero degli incidenti e dei morti sul lavoro. L’articolo 18, quindi, deve essere esteso a tutti, senza alcuna discriminazione. Così come devono essere eliminate tutte le condizioni, anche legislative, che costringono milioni di persone a sopportare anni e anni di precariato.

Roma, 5 marzo 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

giovedì 28 febbraio 2008

IL PICCOLO CHIMICO


Come al solito parlano, parlano, ma non sanno di cosa stanno parlando. Anche Veltroni fa parte di questa folta schiera di politici tanto parolai quanto ignoranti. L’ultima dichiarazione, sul tema della castrazione chimica come metodo per combattere la piaga della pedofilia, è un emblematico esempio di questa attitudine di molti politici a parlare senza sapere. Veltroni ha perso un’altra occasione per stare zitto.
In poche parole, il leader del partito democratico ha dichiarato che, se fosse sicuro dell’efficacia della castrazione chimica, non avrebbe alcun problema a promulgare una legge che ne permettesse l’uso. Questo non è inseguire la destra, questo significa semplicemente essere destra.
La proposta di usare metodi di questo genere è compatibile solo con la voglia più generale che hanno tutti i fascisti di risolvere i problemi sezionando e dividendo, sia che si tratti di tagliare teste o mani, sia che si tratti di isolare o espellere. Sia che si tratti, come in questo caso, di castrare.
Eppure sia la storia che la scienza hanno dimostrato innumerevoli volte quanto queste metodiche siano inutili e addirittura più dannose del problema che vorrebbero risolvere.
Nel caso specifico della castrazione chimica, si tratta della somministrazione di un preparato ormonale, il medrossiprogesterone acetato, che agisce a livello cerebrale inibendo la produzione di altri ormoni che stimolano i testicoli a secernere testosterone. In questo modo si abbassa il desiderio sessuale, ma molto spesso aumenta l’aggressività.
Inoltre l’effetto dura fin quando il farmaco viene somministrato e quindi, una volta sospeso il trattamento, siamo punto e da capo. Anzi, l’aumento dell’aggressività avrà contribuito, nel frattempo, a rendere il soggetto potenzialmente più pericoloso di prima.
Sapeva tutto questo il signor Veltroni quando ha aperto la bocca e le ha dato fiato?
Lo sa il signor Veltroni che la pedofilia è un inferno infinitamente più terribile e che quindi va affrontato molto più seriamente, invece di giocare al piccolo chimico? Già qualche anno fa i minori che in Italia si prostituivano, in appartamenti, nightclub e palestre, erano 1.500; quasi 5.000 erano solo i casi denunciati di abuso sui minori.
Di fronte a questo inferno, molti politici, da Veltroni a Calderoli, passando per Fini, si permettono di parlare senza sapere, di usare questo tema solo per fare propaganda elettorale. Si permettono di essere così superficiali da prevedere, da buoni esponenti della destra, solo provvedimenti di per sé falsi, perché incidono solo a valle, dimenticando che i problemi si risolvono solo a monte, nella loro radice.
Non sanno, o fanno finta di non sapere, che i pedofili s’insinuano proprio negli spazi lasciati vuoti da chi, invece di amare i bambini, li abbandona. Ed è proprio in nome di questo amore che si dovrebbe invece dichiarare, a chiare lettere, che solo la fine della mercificazione e della strumentalizzazione del bambino, oggetto anch’egli di aggressioni chimiche a colpi di psicofarmaci e di aggressioni psicologiche a colpi di messaggi violenti veicolati dai mass-media, può veramente contribuire a spegnere l’incendio della pedofilia.
Certo, è molto più comodo deresponsabilizzarsi ed affidarsi alla sbrigativa soluzione chimica. Ma fare veramente politica, signor Veltroni, è molto più impegnativo. Significa, per esempio, mettere in moto azioni preventive e formative per l’interesse comune. Altro che castrazione e inasprimento delle pene! Perché, quindi, insistere a fare politica se il sogno è giocare al piccolo chimico?

Roma, 28 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 16 febbraio 2008

MESSAGE IN A BOTTLE


Se questi sono i punti programmatici del Partito Democratico, figuriamoci che devono essere i programmi elettorali dall’UDC verso destra. No, non tira una buona aria su queste elezioni. Un’aria già resa pesante dalle fortissime pressioni esercitate dalla lobby ecclesiastica, anche su una buona fetta dello stesso PD.
Ed ecco che si scopre, dietro le quinte dello spettacolo mediatico messo su da Veltroni e Berlusconi, che i programmi sono sempre sostanzialmente gli stessi.
Avevano detto “basta, adesso si cambia”. Basta a che cosa? Si cambia che cosa? Hanno cambiato l’arredamento della vetrina, ma i capi di abbigliamento sono sempre gli stessi. Prima a destra c’era una cesta contenente varie camicie e a sinistra c’era un’altra cesta contenente varie maglie. Adesso hanno rimosso le ceste, e quindi a destra le camicie sono messe un po’ a caso, così come a sinistra le maglie sono disposte ugualmente un po’ a caso. Il dato di fatto concreto è che sia le camicie che le maglie sono sempre le stesse. E i punti programmatici presentati da Veltroni ne sono una dimostrazione lampante.
Prima di tutto vengono confermate tutte le opere inutili, se non dannose, già programmate: rigassificatori, termovalorizzatori, Alta Velocità e completamento della Tav. Alla faccia del “coinvolgimento” e della “consultazione dei cittadini”, sbandierati, come se niente fosse, nello stesso punto programmatico che prevede le suddette opere. Opere contro cui centinaia di migliaia di cittadini si sono opposti affrontando spesso il freddo delle notti invernali e il calore degli scontri con le forze dell’ordine.
Il precariato, vera piaga del XXI secolo, viene trattato come se fosse solo un problema di soldi, promettendo che tutti i giovani precari non dovranno più percepire meno di mille euro al mese. Non viene assolutamente messo in discussione né il sistema economico né la legislazione che hanno permesso che si allargasse in pochissimi anni il baratro in cui sono caduti milioni di precari, costretti a vivere ogni giorno di lavoro come se fosse il primo giorno, senza la possibilità di pianificare un bel niente nella propria vita.
Molte cose sono ridotte a solo un problema di soldi. Come la grande bufala della riduzione delle tasse, usata da tutti i partiti, compresi quelli della cosiddetta sinistra radicale, come panacea per tutti i mali. Ma Veltroni ha il senso della giustizia e promette, in un impeto che ricorda Robin Hood, che la riduzione delle tasse riguarderà solo chi se lo merita, cioè i contribuenti leali. In questo modo solo i lavoratori dipendenti avranno il piacere di pagare 100 euro di tasse in meno e 300 euro di bollette in più, per ritrovarsi, come si dice in alcune zone del saggio sud, “cornuti e mazziati”. Poi, siccome le bollette non bastano, saranno costruite 700mila case, il cui affitto varierà dai 300 ai 500 euro mensili: chissà cosa mangeranno i precari a mille euro al mese di cui sopra?
E se pensassero di fare un figlio? Non c’è problema, ci pensa zio Walter: ti regala ben 2.500 euro, così, perché è buono. E siccome questa promessa ha come obiettivo l’inversione del trend demografico, nel caso la donna volesse rivendicare la sua libertà di scelta rispetto alla sua gravidanza, non solo dovrà considerare i possibili insulti che riceverebbe se decidesse di non portare avanti la gravidanza, ma ora si aggiunge anche il ricatto, in special modo se è disoccupata o precaria, dell’aver rinunciato a 2.500 euro.
Se tutto dovesse andare male, possiamo sempre consolarci davanti alla TV, che sarà, come promette Walter, a banda larga per tutta Italia.
Il resto dei punti programmatici è la solita insalata di promesse riguardanti la giustizia, la sicurezza, il controllo della spesa pubblica.
Ebbene, signore e signori, questo è il succo del programma del maggiore partito alternativo alla destra. Nulla sulla guerra, sulla difesa della legge 194, sulla sanità e sull’educazione. Nulla, soprattutto, sulla dignità democratica di questo paese, calpestata innumerevoli volte. Attraverso operazioni di falsa democrazia, come le elezioni primarie, la vera democrazia è stata allontanata ancora un po’. Le hanno fatto prendere il largo e adesso è solo un puntino lontano che si vede in mezzo ad un mare di ipocrisie e falsità.
Ma il mare non è mai fermo. Le sue onde a volte prendono direzioni inaspettate e da quel puntino lontano che si vede all’orizzonte potrebbe arrivare un messaggio in una bottiglia. Un messaggio di speranza. Un messaggio di liberazione. Teniamo gli occhi aperti.

Roma, 16 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 9 febbraio 2008

LA FABBRICA DEI SOGNI


Uno spettacolo avvincente, non c’è che dire. Il teatrino della politica italiana si è fatto grande, ora è diventato un vero e proprio spettacolo. In pieno stile “fabbrica dei sogni”, ogni giorno c’è una novità, un colpo di scena, un evento che nessuno poteva immaginare.
In ambedue gli schieramenti nessuno si risparmia. Berlusconi non poteva sopportare che Veltroni gli rubasse la scena e la parte da protagonista. Insieme alla sua affidabile spalla Fini, lo showman di Arcore, che da 15 anni calca il palcoscenico della politica italiana, ne ha inventata un’altra delle sue, riconquistando il primato nelle prime pagine di tutti i giornali e telegiornali. Veltroni però non perde terreno e riesce, finora, a spartire la scena con il re dei piazzisti. Nonostante le genuflessioni della sinistra cosiddetta “radicale”, egli con fierezza non cede alle lusinghe e continua ad interpretare con grande abilità il personaggio del Lone Wolf all’italiana.
Ma come in ogni buona commedia all’italiana, i personaggi non possono essere così pochi. Il palcoscenico è troppo grande per così pochi attori e deve essere riempito. Ed ecco che appaiono, da dietro le quinte, un ex sindacalista con un mazzo già appassito di rose bianche in mano, un ex governatore regionale e una parlamentare europea con un paio di gruppetti di fascisti che non mancano mai, qualche razzista leghista che continua a gridare “ce l’ho duro” e tutti hanno ormai capito che si riferisce al suo cervello, altri tre o quattro gruppi democristiani che fanno la parte dei difficili solo per avere ancora un po’ di tempo per capire qual è il carro del vincitore su cui salire.
Insomma un bel film, con tutti gli attributi adatti per intrattenere un pubblico disposto a seguirlo. Ma chi è disposto a seguire questo film? Dipende.
Pur di non perdere il posto, molti politici stanno facendo tutto il possibile per rinnovare la propria immagine. Nel frattempo, c’è anche chi dice che basterebbe mandare a casa tutti i politici che occupano ormai da troppo tempo i seggi parlamentari e le poltrone istituzionali. I vecchi politici annuiscono, sapendo che questi argomenti non metteranno neanche minimamente in pericolo la posizione che occupano. Anzi, che ben vengano tali argomenti, se serviranno a canalizzare la voglia di ribellione che serpeggia nella popolazione; per questo sono anche disposti a farsi insultare dal Grillo di turno, se serve a distrarre la gente.
A che serve, in fondo, cambiare generazione di politici, se non cambia il senso di fare politica? Anzi, tutto sembra confermare il dato che nel cambio generazionale avvenuto finora nella politica italiana sono più numerosi gli svantaggi che i vantaggi. La classe politica uscita dalla Resistenza era stata in grado di concepire una delle migliori carte costituzionali del mondo; la classe politica attuale non è neanche capace di concepire una semplice legge elettorale veramente rispettosa del volere dei cittadini.
Quante persone saranno in grado di mantenere l’attenzione, senza farsi distrarre dall’ultimo film distribuito dalla nostrana fabbrica dei sogni? Maggiore sarà il numero di queste persone, maggiore sarà la possibilità di vedere finalmente emergere, dalle ceneri di questa democrazia formale, la vera democrazia, quella reale, diretta. Da questa possibilità dipenderà la bontà o meno del futuro di questo paese.

Roma, 9 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

domenica 3 febbraio 2008

LE QUATTRO GUARDIE SVIZZERE


Non è certo una scoperta scientifica quella che hanno fatto i 4 direttori delle cliniche ginecologiche delle università romane, quando hanno affermato, in un documento congiunto, che “un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente”. E allora, se non è una scoperta scientifica, perché tanto risalto? I motivi potrebbero essere diversi.
Il primo motivo sta nel fatto che tale documento è stato presentato nell’ambito di un convegno in occasione della Giornata della Vita, proprio nel periodo in cui si è riaffacciata per l’ennesima volta la volontà di cancellare la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, sia da parte del Vaticano, che da parte di chi non perde occasione per attaccare frontalmente i diritti delle donne.
Puntuale come un orologio svizzero, la dichiarazione dei quattro direttori universitari ha preceduto di sole 24 ore le parole che il Papa ha pronunciato in piazza S.Pietro, il quale si è potuto avvalere anche delle affermazioni degli insigni cattedratici per dare l’ennesimo affondo sull’aborto. In questo modo l’attacco alla legge 194 comincia a non apparire più soltanto come una specie di “idea fissa” dei soliti cattolici integralisti, ma è evidente il tentativo di dare sempre più alle ragioni degli anti-abortisti delle fondamenta scientifiche.
Data la disponibilità a queste manovre dei quattro direttori delle cliniche ginecologiche di La Sapienza, Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico, vien quasi da domandarsi, vista anche la puntualità del loro intervento, se non avessero avuto maggior fortuna nella carriera di guardie svizzere.
D’altra parte, se non fosse per questi poco scientifici intenti, che ben si combinano con la recente proposta di moratoria sull’aborto fatta da quel campione di obiettività giornalistica che è Giuliano Ferrara, il documento dei quattro dell’Ave Maria non sarebbe altro che la conferma della validità della legge 194. Perché? Vediamo.
Nella legge n.194 del 22 maggio 1978 si prevedono due possibilità per l’interruzione di gravidanza. La prima è quella prevista nei primi 90 giorni di gravidanza per “circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”. Questo caso, in cui si parla di aborto entro la 13esima settimana, non è minimamente toccato dal documento dei 4 professori ginecologi, perché in esso si parla di aborti dopo la 22esima settimana.
La seconda possibilità prevista dalla legge 194 è quella specificata nell’articolo 6, in cui la IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
In questi casi, dicono gli insigni cattedratici, “un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente”. E qual è la novità di questa affermazione, tale da giustificare un risalto mass-mediatico così grande da conquistare il primo posto nella scaletta di tutti i telegiornali e la prima pagina di quasi tutti i giornali? Nessuna.
Infatti nell’articolo 7 della legge 194 si legge: “Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”.
A questo punto viene spontanea una domanda: se si è reso necessario, secondo i 4 direttori ginecologi, specificare questo punto, ciò vorrebbe dire che nella pratica clinica non viene seguita questa procedura che, oltre ad essere citata in una legge dello Stato, risponde anche al codice deontologico di ogni buon medico? Se fosse così, ciò vorrebbe dire che ci sono casi in cui non viene fatto ogni tentativo, che non diventi ovviamente accanimento terapeutico, per salvare la vita di un feto di più di 22 settimane? Se fosse così, risulta abbastanza chiaro che non è la legge 194, né tantomeno le donne che vi fanno ricorso, ad attentare alla vita.
Infine, risulta necessario precisare un ulteriore punto del documento dei 4 professori, in cui si dice che il neonatologo deve intervenire per rianimare il feto "anche se la madre è contraria, perché prevale l'interesse del neonato".
Ora, se l’interruzione della gravidanza è prevista dopo i primi 90 giorni solo in caso di “grave pericolo per la vita della donna”, come si può pensare che una madre possa essere contraria alla rianimazione di suo figlio, se è stata costretta ad abortire per un grave pericolo di vita? Non solo ha dovuto subire la straziante decisione di dover interrompere la vita intrauterina di un figlio che magari ha tanto desiderato, ma ora deve anche essere additata come una brutta strega che vuole impedire a suo figlio la possibilità, anche minima, di poter restare in vita.
E se pure, in qualche caso, fosse contraria, a nessuno viene in mente che il suo rifiuto potrebbe essere l’espressione di un malessere più profondo o della volontà di non voler condannare un figlio gravemente malformato ad una insopportabile vita piena di sofferenze?
Ecco, in ultima analisi, dove vogliono arrivare tutte queste iniziative. Dalla scellerata proposta di una moratoria sull’aborto alle dichiarazioni sessuofobiche dei vertici ecclesiastici, fino alle fuorvianti dichiarazioni pseudoscientifiche di qualche guardia svizzera travestita da scienziato, tutto questo ha un solo bersaglio: la donna.
E qui, come si può facilmente intuire, l’orologio della storia va indietro, non solo a prima del 1978, anno in cui fu promulgata la legge 194, ma molto più indietro, fino al medioevo, tempo in cui la Chiesa faceva il bello e cattivo tempo.
Insomma, siamo alle solite. Una non-notizia, come quella del documento delle quattro guardie svizzere col camice bianco, diventa una notizia da prima pagina solo perché è in piena sintonia col pensiero ecclesiastico. E pensare che qualcuno, quando il Papa ha rinunciato ad andare a La Sapienza in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, ha avuto la faccia tosta di dire che in Italia il Papa non era libero di esprimere la propria opinione. Non è anche questo medioevo?

Roma, 3 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

sabato 2 febbraio 2008

LA VOCE DEL POPOLO


La situazione non è delle migliori. L’Italia è in piena crisi di governo, ma in realtà la crisi, prima di essere di governo, è politica. Non è la stessa cosa. Di crisi di governo il nostro paese ne ha conosciute numerose, di crisi politiche molte di meno. Volendo fare un paragone, un’altra crisi politica si è avuta nel 1992, quando la magistratura scoperchiò la pentola di Tangentopoli e la fiducia dei cittadini nella classe politica scese a livelli mai così bassi.
Nella situazione attuale, dopo 16 anni, tale fiducia probabilmente è scesa ad un livello ancora più basso. Mentre nel ’92 i cittadini sembravano veramente arrabbiati, oggi l’Italia è semplicemente stanca. Stanca di una classe politica tanto presente in TV quanto assente in Parlamento. Stanca di uomini politici che, tranne le poche eccezioni che confermano la regola, semplicemente non sanno svolgere il compito a cui sono stati chiamati nel momento in cui sono stati eletti. Dopo tante speranze, la cosiddetta seconda repubblica non ha risolto un solo problema strutturale a qualsiasi livello, da quello economico a quello giuridico, da quello dello stato sociale a quello del sistema di rappresentanza politica.
A proposito della rappresentatività, sono state cambiate più volte le leggi elettorali, tanto che oggi in Italia ogni livello di rappresentanza politica, da quello comunale a quello europeo, ha un suo ordinamento elettorale. Il risultato finale di questa baraonda è una legge elettorale per il Parlamento che nessuno ritiene valida, neanche chi l’ha approvata.
Per quel che riguarda la condizione economica e lo stato sociale, la fuga romantica con il neoliberismo ha prodotto un livello di povertà senza precedenti dagli anni ’60 in poi: il solo fatto che milioni di persone, da troppi anni ormai, non riescono più ad arrivare alla fine del mese e che milioni di famiglie hanno qualche debito a carico è più che sufficiente per dimostrarlo. Tutto il resto, dall’incremento del Pil alle valutazioni più o meno incoraggianti provenienti dall’unione europea, sono solo chiacchiere.
Rispetto ai problemi della giustizia, possiamo solo dire che tali problemi sono talmente antichi che ormai i presidenti delle corti d’appello e il presidente della corte suprema di cassazione, impiegano ormai pochi minuti per preparare i loro discorsi per l’inaugurazione degli anni giudiziari: basta prendere quello enunciato l’anno precedente, aggiornare qualche dato, aggiustare la data, et voilà, il gioco è fatto.

L’Italia è stanca. Ma la classe politica non sembra rendersene conto e continua a delirare. Da una parte si dice che la maggioranza degli italiani non vuole andare a votare e che bisogna prima cambiare la legge elettorale; dall’altra si dice esattamente il contrario, che gli italiani non vedono l’ora di andare a votare. La domanda sorge spontanea: una classe politica che si è contraddistinta proprio per l’enorme distanza dalle reali esigenze dei cittadini, come fa ad essere così sicura di ciò che essi vogliono? Molto probabilmente hanno tutti torto. Nessuno può dire cosa vuole veramente la maggioranza degli italiani, tanto meno chi oggi si erge a portavoce di questa maggioranza.
A nulla varrà, quindi, il tentativo di formare un governo di transizione, proprio in quanto ennesima manovra verticistica che ha come unico scopo quello di mantenere a tutti i costi un potere decisionale perso ormai da molto tempo. Da troppi anni coloro che occupano le istituzioni obbediscono solo agli interessi di pochi, a discapito dei tanti che con il loro voto li hanno eletti a loro rappresentanti. Si sono venduti al miglior offerente, ma facendo così hanno perso l’unico potere che avevano il diritto di avere, quello di rappresentare gli elettori.

Ora la voce del popolo deve farsi sentire, perché chi doveva rappresentarlo non è più in grado di farlo e qualsiasi decisione sarebbe illegittima. Prima di prendere qualsiasi decisione, governo transitorio o elezioni subito, venga indetta, nel giro di massimo un mese, una consultazione popolare straordinaria per chiedere ai cittadini cosa veramente vogliono: se la maggioranza vuole le elezioni subito, queste possono essere indette in primavera; se invece la maggioranza non vuole subito andare a votare, i partiti sono obbligati dal popolo a formare un governo che metta in atto quelle che lo stesso popolo indicherà, all’interno della stessa consultazione, come priorità, svolgendo questo compito entro i tempi anch’essi indicati dal risultato della consultazione.
Ormai la tecnologia a disposizione permette di svolgere questa consultazione in tempi rapidissimi. Ci vuole solo la volontà per realizzarla.
La Costituzione parla chiaro: “la sovranità appartiene al popolo”.

Roma, 2 febbraio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

martedì 29 gennaio 2008

GUARDAMI KENIA


Guardami Kenia.
Guardami, fammi sentire la tua presenza,
il tuo affanno mentre corri,
mentre schivi i proiettili,
quei proiettili che bucano la nostra terra,
la nostra terra dove cade tua madre,
tua madre che ti fa l’ultimo sorriso,
un sorriso rosso che continua fino a giù,
fino a bagnare di rosso la nostra terra.

Guardami Kenia.
Guardami, toccami,
fammi sentire il tremore delle mani,
quelle mani talmente sporche da essere pulite, troppo pulite
per chi ha le mani talmente pulite da essere sporche,
sporche e rosse,
rosse come la terra dove è caduta tua madre.

Guardami Kenia.
Guardami e sentimi,
senti il mio cuore con le tue mani,
le tue mani che tremano come il mio cuore,
il tuo cuore che trema come le mie mani,
le mie mani così, sul tuo cuore,
le tue mani così, sul mio cuore.

Guardami Kenia.
Non abbassare lo sguardo,
lo sguardo che voglio accarezzare.
Piangi Kenia? Sì Kenia, piangi.
Fai scendere le tue limpide lacrime,
falle scendere fino al cuore,
il cuore che non trema più,
no, ora non trema più.
Limpide e potenti quelle lacrime,
lacrime di un nuovo coraggio.

Guardami Kenia.
Guardami come ti guardava tua madre,
tua madre felice,
felice di vedere i suoi figli camminare,
camminare sicuri verso il futuro,
un futuro pulito,
pulito come le tue mani sporche di terra,
le tue mani che ora no, non tremano più.

Carlo Olivieri
medico umanista

29 gennaio 2008

venerdì 25 gennaio 2008

QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE


“La mia non è testardaggine, ma coerenza”. Queste le parole di Romano Prodi, che ha preferito consumare apertamente la crisi del suo governo in Parlamento, anziché recarsi subito al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Forse tra gli intenti dell’ex-presidente del consiglio, con questo rispettabile atto, c’era anche la volontà di riscattare l’immagine di un governo che non ha certo brillato per coerenza. Ma, ovviamente, recitare nell’ultimo dei 618 giorni del suo governo la parte del “leone ferito ma fiero”, non può cancellare ciò che è successo negli altri 617 giorni.
Ciò che invece possiamo constatare è che proprio l’incoerenza delle decisioni e delle non-decisioni, delle azioni e delle non-azioni, rispetto al programma con cui la coalizione di centrosinistra si era presentato di fronte agli elettori, ha dominato l’operato di questo governo sin dalle prime battute.
Alla fine i nodi al pettine sono arrivati. Per quasi due anni il governo e la maggioranza che lo sosteneva hanno cercato di nasconderli ma, si sa, se i nodi non li sciogli, diventano sempre più numerosi fino a diventare una matassa inestricabile e, prima o poi, inevitabile.
Non si può governare a lungo, democraticamente, senza il consenso dei cittadini. L’alternativa sarebbe, altrimenti, una dittatura. A maggior ragione doveva farlo questo governo, sostenuto da una maggioranza che aveva ottenuto solo 25mila voti in più rispetto all’opposizione. Invece è successo, molto spesso, che al di sopra degli interessi generali della maggioranza degli elettori ci fossero, nell’agenda del governo, gli interessi particolari di pochi potenti.
Molte famiglie si aspettavano, per esempio, di uscire dal pantano della precarietà e dell’insicurezza economica in cui erano sprofondati col precedente governo di centrodestra, ma quelle stesse famiglie continuano ancora oggi a non arrivare alla fine del mese. Doveva essere cancellata la legge 30 che istituzionalizzava il precariato, ma questo governo non lo ha fatto.
Molti immigrati si aspettavano che finalmente sarebbe cambiata la politica sull’immigrazione, ma i centri di permanenza temporanea sono sempre lì, come sempre lì sta la legge più razzista della storia repubblicana, la legge Bossi-Fini.
Molti cittadini si aspettavano un altro atteggiamento in politica estera ma, a parte una scontata uscita dall’inferno irakeno, migliaia di soldati italiani continuano ad essere protagonisti di occupazioni, come quelle in Afghanistan e in Libano, che nulla hanno a che vedere con la pace e la democrazia, rischiando ogni giorno la propria vita in nome di un comportamento servile nei confronti del cosiddetto “alleato americano”. Comportamento servile che si è ripetuto quando si è trattato di approvare il raddoppio della base Usa di Vicenza, nonostante le grandi manifestazioni di dissenso e una prima crisi di governo.
Molti elettori si aspettavano che venisse finalmente varata una legge sulle unioni di fatto, ma un altro comportamento servile, questa volta nei confronti del Vaticano, lo ha impedito, dopo vari tentativi di compromesso, tra l’anima laica e l’anima chierichetta della maggioranza, che avevano partorito, invece dei Pacs, due topolini: prima i DiCo e poi i Cus.
Molti elettori si aspettavano una legge sul conflitto di interessi, un tormentone che ci affligge dalla “scesa in campo” di Berlusconi del ‘94, ma si riesce solo a concepire una legge assolutamente blanda ed inefficace che comunque non è arrivata neanche ad essere discussa in Parlamento, forse perché Berlusconi non è il solo a trovarsi continuamente in una condizione di conflitto di interessi.
Molti elettori si aspettavano una politica sulla sicurezza che non fosse la solita risposta isterica e fascista, basata sulla cacciata degli stranieri dal suolo patrio e sull’ennesimo inasprimento delle pene. Invece si comincia con un indulto a cui però non fa seguito una politica di riforme in ambito penale che desse un senso a quell’indulto. Ed invece di concentrarsi sul far discutere in Parlamento una legge che introducesse il reato di tortura anche in Italia, si vara un decreto-sicurezza buono solo a far crescere l’ansia dei lavavetri ed i portafogli di chi lucra sull’immigrazione resa clandestina da leggi discriminatorie.
Queste ed altre incoerenze sono il vero motivo della caduta del governo. Di fronte ad un consenso popolare reso invece crescente dalla coerenza tra le parole e i fatti, i vari Mastella e Dini ci avrebbero pensato mille volte in più prima di ufficializzare in Parlamento una crisi che nei fatti era già cominciata da più di un anno.
Questa crisi dimostra per l’ennesima volta che un sistema politico basato sulla distanza tra il Palazzo e la cittadinanza non può reggere. C’è una Costituzione che da 60 anni ci avverte, nei suoi principi fondamentali, che la Repubblica italiana è una democrazia basata sul lavoro, sul ripudio della guerra, sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica e sociale del paese, sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, sulla salute e sull’istruzione garantite a tutti, sulla parità di tutti di fronte alla legge, sulla necessità che ogni cittadino possa garantire a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa, sul pieno sviluppo della persona umana.
Ognuno di questi punti sanciti dalla nostra Costituzione rappresenta un nodo da sciogliere e non sarà una nuova legge elettorale a frenare il percorso di decadenza che il nostro paese ha intrapreso ormai da molti anni. Più si chiudono gli spazi alla partecipazione diretta, come è sempre stato nell’intento delle svariate leggi elettorali che si sono susseguite negli ultimi 15 anni, più ci si allontana dalla Costituzione e, quindi, dalla democrazia.
Ma evidentemente la classe politica attuale, lontano purtroppo dall’essere muta, è ormai del tutto sorda e cieca. Sono i cittadini che devono prendere in mano le redini di questo paese, direttamente. Guardiamo insieme questi nodi, lavoriamo per scioglierli e quindi andiamo avanti, con pace, forza ed allegria.

Roma, 25 gennaio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

mercoledì 9 gennaio 2008

LA SOLITA SCELTA


Che strazio. Nonostante le ultime decisioni governative, la questione dei rifiuti in Campania ancora una volta non verrà risolta. I nostri amministratori, sia a livello locale che nazionale, sono riusciti a far arrivare la situazione ad un tale livello di emergenza che ora qualsiasi soluzione sarà presa per affrontarla avrà il carattere di un’azione tamponante e, quindi, in quanto tale, sicuramente non adeguata a risolvere veramente il problema.
Questo sembra essere ormai l’unico metodo di risoluzione dei problemi che i governi mettono in atto. Fatte le dovute differenze, infatti, molti conflitti che non riguardano immediatamente i paesi ricchi del mondo vengono ignorati per anni e anni, fino al momento in cui, arrivati ad un punto di tensione tale da mettere in pericolo gli interessi dei suddetti paesi ricchi, si interviene solo con gli eserciti e con le armi. Interventi, cioè, che non hanno certo lo scopo di risolvere, ma solo di contenere quei conflitti, in modo tale che non diano fastidio.
Ed è così che è stato gestito anche il problema dei rifiuti in Campania. Per anni e anni questo è stato considerato un problema che solo i napoletani avrebbero dovuto risolvere, senza dare molto fastidio alle aree più ricche del paese. Nel frattempo politici locali poco raccomandabili e bande camorristiche senza alcuno scrupolo hanno accumulato miliardi a palate su quello che si è rivelato un enorme affare. Ora il problema rischia di diventare molto dannoso per tutto il paese, comprese le aree più ricche. Compresi tutti coloro che rischiano di non poter più usufruire degli stanziamenti comunitari collegati all'attuazione di progetti nel campo dello smaltimento di rifiuti. Di conseguenza il governo ha preso la solita decisione: invio dell’esercito e nomina a commissario straordinario di un ex capo di polizia.
Per completare il quadro non si può non rilevare che il provvedimento governativo prevede, inoltre, anche con il consenso del ministro verde Pecoraro Scanio, la costruzione di tre inceneritori in Campania. Ecco quindi che si spiana la strada per la realizzazione di quegli impianti di termovalorizzazione contro cui si battono tanti comitati di cittadini e tante associazioni ambientaliste e contro cui finora si era battuto anche Pecoraro Scanio.
Si potrebbe ipotizzare che l’emergenza rifiuti sia stata portata fino a tal punto di insopportabilità anche per superare in un sol colpo le resistenze rispetto ad impianti di questo genere? Sì, si può ipotizzare.
L’affare in questione non è di poco conto. Tutti gli italiani pagano ogni anno 140 milioni di euro ai gestori degli inceneritori, soldi che potrebbero invece essere usati per lo sviluppo di impianti, come quelli fotovoltaici, idro-elettrici ed eolici, che potrebbero renderci energeticamente autonomi.
Invece siamo costretti a pagare di più per un sistema di recupero energetico, come quello dei termovalorizzatori, neanche tanto sicuro, mentre potremmo pagare molto di meno se affidassimo il recupero energetico a più sicure tecniche biologiche a "freddo", quali compostaggio, digestione anaerobica e bio-ossidazione.
Se a tutto questo si aggiunge la risposta ben poco solidale delle altre amministrazione regionali alla richiesta del governo di accogliere una parte delle 120mila tonnellate di rifiuti accumulatesi in Campania, si può senz’altro concludere che l’egoismo è il fondamentale errore di calcolo che domina in tutta l’intera vicenda.
La stessa politica assumerebbe ben altri connotati se solo ci si decidesse a trattare gli altri come si vorrebbe essere trattati. Chi è disposto ad uscire finalmente dall’errore egoistico sarà in grado di prendere in considerazione tutte le soluzioni migliori. Solo per chi è disposto a fare questo un altro futuro è possibile. Chi non lo è, invece, è pregato di farsi da parte in tempo, prima che diventi un altro rifiuto. Ne abbiamo già troppi.

Roma, 9 gennaio 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

venerdì 4 gennaio 2008

UNA PERICOLOSA IPOCRISIA


Poteva essere una strage. La sera del 3 gennaio è divampato un incendio nell’ex stabilimento della Mira Lanza a Roma, dove si erano rifugiati circa 90 migranti, tra cui una trentina di bambini. Evidentemente abituati a fuggire, i rifugiati non hanno perso tempo e sono scappati da quella che poteva essere una trappola mortale.
Come è possibile che questo accada in una città come Roma? Una città che si autodefinisce “capitale della pace della nonviolenza”, che addirittura si erge a lanciare un monito al mondo intero, illuminando a giorno il Colosseo, affinché si approvi la moratoria universale contro la pena di morte.
In una città come questa, insomma, i più elementari diritti umani vengono dimenticati, lasciando che 90 persone mettano a repentaglio la propria vita rifugiandosi in una fabbrica abbandonata e pericolante perché non hanno un posto migliore dove andare.
Non è un’iniezione letale o una fucilata alla nuca che può uccidere queste persone, ma sicuramente il lasciarle in tali condizioni di abbandono si avvicina molto, visto ciò che rischiano, ad una condanna a morte.
Ecco cosa si nasconde, quindi, dietro la vetrina di Roma, fatta di concerti e spettacoli, roboanti dichiarazioni e stucchevole autoreferenzialità: una politica irresponsabile e distratta, sempre più impegnata in inutili controversie tra un centrosinistra che ha perso da tempo il bandolo della matassa e una destra sempre più stupida e discriminatoria.
Nel frattempo, a Roma come nel resto d’Italia, centinaia di migranti rischiano ogni giorno di morire in posti in cui neanche i cani randagi hanno il coraggio di rifugiarsi, centinaia se non migliaia di persone condannate a rischiare la loro vita ogni giorno.
Di fronte a questa realtà che cosa rimane dell’Italia che chiede la moratoria universale contro la pena di morte; dell’Italia che pretende, insieme agli altri paesi europei, il rispetto dei diritti umani dai nuovi paesi che dovrebbero entrare nell’Unione Europea? Solo belle parole, qualche fotografia di rito e una grande ipocrisia.
I diritti umani sono una cosa seria. Non lasciamoli in mano a questi irresponsabili.

Roma, 4 gennaio 2008

Carlo Olivieri

medico umanista