SCIACALLI E BURATTINI
Tira una brutta aria in Italia. Un’aria contaminata da
percentuali tossiche di intolleranza e discriminazione razziale. Un’aria
particolarmente tossica si respira a Roma, dove organizzazioni di stampo
dichiaratamente fascista hanno sempre avuto terreno fertile e che contribuirono
non poco all’ascesa di Alemanno alla carica di sindaco.
Una di queste organizzazioni, Casa Pound, si è resa
protagonista di una manifestazione alla periferia di Roma che di fatto ha
impedito l’ingresso a scuola di decine di bambini rom. Hanno fatto salire la
tensione talmente tanto da costringere i vigili a non far uscire i bambini dal
campo nomadi, impedendo loro di andare a scuola. La maggior parte dei
manifestanti erano studenti che volevano manifestare il loro disagio per un
rapporto diventato sempre più difficile e teso con il campo nomadi situato
vicino a tre scuole del quartiere Torrevecchia. Purtroppo non sono stati
attenti e si sono lasciati strumentalizzare dai militanti di Casa Pound che, in
quanto fascisti, sono anche molto ben allenati ad azioni di sciacallaggio
politico.
I fatti che avrebbero reso difficile il rapporto di
vicinanza tra le scuole e il campo nomadi consisterebbero in lanci di pietre
contro gli studenti, episodi di minacce al fine di rubare qualche cellulare e
roghi tossici che infestano l’aria delle aule scolastiche.
Non c’è dubbio che anche tra i rom, come nel resto della
popolazione di qualsiasi origine etnica compresi gli italiani, ci siano
individui con evidenti tendenze antisociali e violente, ma non possiamo
considerare questi singoli fatti senza tener conto del contesto sociale in cui
sono avvenuti. Un contesto spesso e volentieri espulsivo nei confronti dei rom,
trattati da sempre come un corpo estraneo da isolare e possibilmente da espellere.
Eppure i bambini rom a cui è stato impedito di entrare a
scuola erano ben 90, il che vuol dire che non è vero che i rom, nel loro
insieme, sono antisociali e che non hanno intenzione di costruire una civile
convivenza con gli altri. Caso mai è vero esattamente il contrario: che c’è
un’intenzionalità ben precisa a fare uno sforzo per diventare parte integrante
del contesto sociale in cui vivono e che questa intenzionalità si incontra con
la volontà da parte di associazioni di italiani che vogliono aiutare i rom in
questo sforzo. Sta di fatto però che si parla di rom solo quando avvengono
fatti criminosi in cui alcuni di loro sono coinvolti, alimentando così timori e
sentimenti discriminatori.
Ma i timori e i sentimenti discriminatori, non
dimentichiamolo, sono spesso funzionali a interessi economici che la semplice
cronaca dei fatti contribuisce a nascondere e che invece sono la vera causa di
ciò che succede. Non è un caso, infatti, che il Municipio responsabile del
territorio di Torrevecchia ha già pronto un progetto da 2 milioni di euro per
rendere l’area occupata dai rom adatta alla nascita di qualcosa di più
remunerativo per qualcun altro, come per esempio un centro sportivo. Chi c’è
dietro questo progetto? Chi ci guadagnerà dalla nascita di un centro sportivo,
di un centro commerciale o di chissà che altro? Ecco che allora una protesta
che abbia il più possibile le sembianze di una sollevazione popolare può essere
molto utile per accelerare le procedure. Ma per coinvolgere in poco tempo un
buon numero di cittadini in questo tipo di mobilitazioni c’è bisogno di
sollecitare qualcosa nel cuore. E su quali sentimenti è più facile soffiare, in
questi tipi di mobilitazione, se non su quelli che si basano sulla paura e sul
pregiudizio?
E chi sono i più bravi a fare questo? La storia ce lo
insegna: sono i fascisti, ridotti anch’essi, nonostante i miti che usano per
esaltarsi, a dei poveri burattini.