giovedì 14 gennaio 2010

NON SOLO A ROSARNO: quanta polvere sotto il tappeto


Per giorni e giorni ci hanno fatto guardare il caso dello sfruttamento degli immigrati di Rosarno come se fosse un caso isolato, un misfatto che poteva accadere solo in quel Sud "incivile" e infestati di mafiosi.
Ma quanta polvere è nascosta sotto il tappeto del nostro paese!

La Cgil di Padova denuncia che anche nel "civile" e "pulito" Nord ci sono «Immigrati sfruttati e sottopagati che lavorano 12 -14 ore al giorno per pochi euro, senza contratto o con contratti che non vengono rispettati. Una realtà, questa, che non è solo di Rosarno: è diffusa in modo regolare su tutto il territorio nazionale». «Anche chi ha un contratto, in realtà viene pagato 3-4 euro l’ora. Molti vengono picchiati, altri hanno preferito tornarsene a casa».

Non fa eccezione il nord est, l’area più ricca del nostro paese. Solo in Veneto, di stranieri, comunitari e non, ce ne sono 36 mila, occupati a tempo determinato. Si tratta di quelli «regolari», quindi della punta dell’iceberg. La nazionalità più rappresentata è quella romena.

Spiega Alessandra Stivali, responsabile del dipartimento immigrazione della Cgil di Padova, che «le condizioni degli immigrati in agricoltura, soprattutto nelle coltivazioni più diffuse, quelle di patate e radicchio, sono drammatiche e purtroppo sconosciute. Spesso si tratta di lavoratori in nero, con salari da fame. Seguiamo ancora il caso di un ragazzo marocchino che era stato assunto in un’azienda agricola: era obbligato a lavorare dodici ore al giorno, veniva pagato 4 euro all’ora e viveva nella stalla. Maltrattato e picchiato. Lui ha avuto coraggio: ha denunciato il datore di lavoro».

Ma anche per gli oltre 2500 regolari, la situazione non è facile. In molti casi non vengono retribuiti secondo contratto, non percepiscono più di 3 o 4 euro all’ora, dovendo impegnarsi tutta la giornata. Hanno paura di ribellarsi, paura di perdere il permesso di soggiorno. Qualche tempo fa una ragazza romena, assunta in un’azienda agricola padovana, è scappata. Stava nell’acqua 13 ore al giorno a coltivare radicchio. Le mani corrose, una condizione disumana.

E allora, ministro Maroni: anche se lei avesse ragione e, come lei ha detto, la responsabilità di questa situazione non è del governo centrale ma delle amministrazioni locali, che ci dice delle amministrazioni locali governate dal suo partito? Quelle non contano?
Quanta polvere ha spazzato sotto il tappeto del vostro tanto amato Nord?

Carlo Olivieri
umanista

sabato 9 gennaio 2010

TETTO AL 30% DEGLI ALUNNI STRANIERI: UNA NOTA DA RIMANDARE AL MITTENTE


Ormai propugnare la discriminazione è diventato un modo per fare propaganda elettorale. Lo si capisce anche dall’ultima nota arrivata in tutte le scuole d’Italia dal ministero dell’istruzione, in cui si indica il tetto del 30% di alunni stranieri nelle classi per il prossimo anno scolastico. A poco più di due mesi dalle elezioni regionali anche la ministra Gelmini vuol dare il suo contributo alla campagna elettorale del centrodestra. Lo si capisce dal fatto che la grande maggioranza degli oltre 629mila alunni con cittadinanza non italiana si trova nelle regioni del Nord, dove più forte si sente il vento razzista della Lega Nord. E se vince la Lega Nord, vince tutto il centrodestra.

Eppure una ricerca effettuata proprio dal ministero dell’istruzione nel 2005 dimostra che l'aumento della percentuale degli studenti stranieri in classe non incide sul tasso di promozione. Anzi la presenza di alunni stranieri nelle scuole italiane migliora anche i risultati degli alunni italiani. La percentuale di alunni italiani promossi a fine anno è maggiore nelle scuole elementari e medie con almeno un alunno straniero rispetto alle scuole dove non ci sono alunni di altre nazionalità.
Di cosa parla quindi, la ministra Gelmini, quando afferma che questo provvedimento vuole affrontare “un problema soprattutto didattico”? Che cosa intende quando dice che questo provvedimento intende “favorire l’integrazione” evitando “la formazione di classi ghetto con soli alunni stranieri”?

Ancora una volta questo governo, tramite uno dei suoi rappresentanti, parla senza sapere di cosa sta parlando. Parla prescindendo dalla realtà, al solo scopo di fare propaganda a se stesso.
A cosa sono serviti anni e anni di duro lavoro da parte degli insegnanti e di tutti gli operatori scolastici e sociali per favorire la convivenza tra bambini e giovani di nazionalità e culture diverse?
A nulla, secondo questo governo. A molto, invece, secondo i dati, visti i risultati anche in termini di profitto scolastico sia degli alunni stranieri che di quelli italiani.

Anche in questo caso, come in tutti gli altri casi, la discriminazione non ha ragione di esistere.
Sarebbe veramente interessante, quindi, se la nota proveniente dal ministero dell’istruzione fosse rimandata, da più scuole possibili, al mittente. Non fosse altro che per il rispetto del lavoro di tutti gli insegnanti e operatori che si dedicano all’educazione dei giovani.
E per dire ancora una volta: noi non siamo razzisti!

Carlo Olivieri
umanista

APPELLO AI FRATELLI IMMIGRATI DI ROSARNO


Cari fratelli,
la situazione a Rosarno è fin troppo chiara.
Una parte dei cittadini di nazionalità italiana di Rosarno è in preda ad un furore di violenza contro di voi. Qualcuno dice che sia razzismo, altri dicono che dietro ci sia la criminalità organizzata. Il risultato non cambia. Oggi voi siete vittime di violenza.
Non solo siete vittime della violenza che vi ha spinto a lasciare il vostro paese. Non solo siete vittime della violenza di uno sfruttamento schiavista del vostro lavoro. Ora siete anche vittime di un odio assurdo che vuole colpire indiscriminatamente tutti coloro che non hanno il colore bianco della pelle.
Nonostante ciò, pur comprendendo le ragioni del sentimento di rabbia che ora alberga nel vostro cuore e nella vostra mente, voglio fare appello proprio al vostro cuore e alla vostra mente.
Rispondere alla violenza con la violenza non risolve assolutamente nulla.
Una parte consistente dei cittadini di Rosarno, così come una parte consistente dei cittadini italiani non condivide la violenza di cui voi oggi siete vittime.
Purtroppo la violenza sembra avere la voce più grossa, non solo quella di quegli sciagurati che vi hanno sparato addosso, ma anche la violenza di quei ministri e di quei politici italiani che continuano a soffiare sul fuoco dell'intolleranza e della xenofobia.
Ma avere la voce più grossa non vuol dire essere più forti.
La violenza non sconfiggerà mai se stessa. Solo la nonviolenza può sconfiggerla.
Quindi la vera nonviolenza non vuol dire non reagire. Anzi, la nonviolenza rappresenta l'unico modo per reagire alla violenza in modo efficace.
Quindi, fratelli immigrati di Rosarno, mobilitatevi, organizzatevi, difendetevi con più forza di quanto avete fatto finora. Ma per farlo dovrete usare la metodologia della nonviolenza attiva, altrimenti, dopo la violenza verrà la debolezza, fallirete e domani sarete più sfruttati e violentati di ieri.
Non è facile, lo so. Ma voi, molto più di me, sapete cosa vuol dire vivere e superare le difficoltà. Voi, molto più di me, sapete cosa vuol dire non lasciarsi vincere dalle difficoltà e accettare lo "sforzo" per superarle.
Ecco ciò a cui voglio fare appello: non alla reazione violenta che non ha bisogno di alcuno sforzo per esprimersi, ma alla capacità del vostro cuore e della vostra mente di accettare lo "sforzo" di agire mediante la nonviolenza attiva. L'unica in grado di vincere veramente.

Carlo Olivieri
umanista

martedì 5 gennaio 2010

LA SCOPERTA DELL’AMERICA: “LA PENA DI MORTE È UN FALLIMENTO”


L’American Law Institute (ALI), l’istituto giuridico, composto da oltre quattromila membri tra giudici, avvocati e professori universitari, che nel 1962 aveva creato la struttura di base del moderno sistema che regola l'applicazione della pena capitale negli Stati Uniti, ha definito ufficialmente lo stesso sistema "un fallimento".
Il motivo principale di questa presa di distanze da parte dello stesso istituto che aveva creato l’attuale sistema giuridico capitale è rappresentato – udite, udite – dall’arbitrarietà delle decisioni su chi debba essere punito con la pena di morte.
In altre parole, hanno scoperto che sono troppi gli elementi che contribuiscono a rendere arbitraria la decisione di mandare a morte un essere umano: tra cui la razza, la mediocrità di avvocati poco pagati e il rischio di condannare persone innocenti. Ma che bella scoperta!

Indubbiamente questa dichiarazione dell’ALI è un fatto positivo, ma nel frattempo, mentre quasi tutti i candidati politici americani hanno usato la pena di morte come argomento di campagna elettorale, dal 1976, quando la pena capitale e' stata reintrodotta nell'ordinamento degli Stati Uniti, ad oggi sono state uccise 1188 persone. Ancora nel 2009 nei tribunali statunitensi sono state comminate 106 sentenze capitali, di cui 52 eseguite.
Ovviamente non ci facciamo troppe illusioni: questa notizia, anche se positiva, è una goccia nel mare. I paesi in cui la pena di morte è una pratica consueta sono ancora 46, per un totale di 5.700 esseri umani uccisi dal boia solo nel 2008. Il 90% di tali esecuzioni sono avvenute in Cina, poi c'è l'Iran con 346 esecuzioni e l'Arabia Saudita con 102 decapitati nei cortili fuori le moschee. Tutto questo solo nell’anno 2008.

La lotta per l’abolizione della pena di morte è ancora lunga, nonostante il numero dei paesi che hanno abbandonato la pratica della pena di morte continua ad aumentare.

La lotta continua, partendo dal bisogno di immaginare il futuro sulla spinta dell’esperienza passata e dell’intenzione di migliorare la situazione presente, affinché l’umanità, nel suo lento progresso, possa trasformarsi eliminando gli atti di violenza che alcuni esseri umani esercitano nei confronti degli altri.
Quando questo accadrà, la pena di morte non esisterà più negli ordinamenti giuridici di tutto il mondo e si passerà dalla preistoria a una storia pienamente umana.

Carlo Olivieri
umanista

domenica 3 gennaio 2010

ORA TUTTI PARLANO DI RIFORME: MA IN QUALE DIREZIONE?


Intervistato da Libero, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha detto che è necessario cambiare anche la prima parte della Costituzione, articolo 1 compreso: "Stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla".

La capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro fa sapere che ci vuole "un Parlamento più forte. Il sistema parlamentare resta la soluzione migliore, ma posso anche concordare sull'esigenza che alcuni poteri del premier, chiunque esso sia, vadano rafforzati. Tra presidenzialismo e parlamentarismo esistono vari sistemi intermedi".

Non ci siamo. Non vogliono mollare.
L'alternativa non sta nel cambiare la prima parte della Costituzione o nel cercare una via di mezzo tra il presidenzialismo e il parlamentarismo.
Il vero cambio si dovrebbe basare su riforme che diano progressivamente sempre più potere al popolo, coerentemente con quanto dice la Costituzione stessa, che, proprio nell'articolo 1 che Brunetta vorrebbe cambiare, dice che "la sovranità appartiene al popolo".

Non ci vuole un parlamento più forte o addirittura un capo del governo più forte, ma una democrazia più forte, cioè una democrazia reale.
Il passaggio da una democrazia formale ad una democrazia reale dovrebbe essere il punto di riferimento di vera riforma. Tutto ciò che invece andrà in direzione contraria, cioè verso un ulteriore aumento del grado di dipendenza del popolo, non potrà che essere una controriforma e come tale dovrà essere combattuta.

Carlo Olivieri
umanista