martedì 29 aprile 2008

Roma alla destra COMPLIMENTI!


Alla fine ci sono riusciti. Non è stato facile, ma alla fine ci sono riusciti a consegnare Roma alla destra. Complimenti. Complimenti veramente.
Complimenti ai grandi strateghi della sinistra italiana e romana, per la loro capacità di rendere, nel giro di 20 anni, i propri partiti così leggeri ed evanescenti, da risultare alla fine inesistenti sul fronte dei conflitti reali.
Una sconfitta così sonora non dipende dal tema “sicurezza”, come ora si affrettano a dichiarare i vertici del P.D., ma proviene da molto più lontano. I semi di tale sconfitta erano già stati sparsi sul terreno, molto prima dei tempi in cui Rutelli esultava per il suo primo mandato di sindaco di Roma nell’ormai lontano 1993. I 15 anni successivi sono serviti a coltivare con estrema accuratezza ciò che oggi risulta evidente agli occhi di tutti.
La grande abilità, infatti, sta nell’essere riusciti a rendere quasi indolore la caduta di Roma nelle mani della destra. Dove sono i segni evidenti di 15 anni di amministrazione realmente progressista? Come mai non si percepisce che con la sconfitta di questa sinistra si sia interrotto un virtuoso cammino della città di Roma verso un futuro di reale progresso? La risposta è facile: non c’era alcun cammino. E se non c’è alcun cammino su cui progredire, non c’è alcuna sinistra.
Ma in politica, come nella vita, non si può neanche restare fermi. Se non si progredisce, si torna indietro. Ma a furia di tornare indietro, ci si incontra con chi, come la destra, è più bravo a tornare indietro, altrimenti che destra è. E allora, conservatori per conservatori, meglio scegliere quelli originali. O no?!
Non si tratta del rimpianto della vecchia sinistra comunista, ma di fronte agli inevitabili cambiamenti della società umana, si potevano dare risposte di diverso tipo. La sinistra italiana e romana è riuscita a dare le peggiori risposte che si potevano immaginare.
Bravi. Ancora complimenti.
Applausi. Applausi per aver contribuito a distruggere lo stato sociale e le conquiste dei lavoratori; applausi per aver contribuito a rendere precaria la vita di milioni di cittadini; applausi per aver privatizzato i servizi pubblici; applausi per aver trasformato l’Italia da un paese che ripudia la guerra in un paese in guerra; applausi per aver costruito i lager per i migranti; applausi per non aver costruito neanche una casa per chi ne aveva veramente bisogno; applausi per aver approvato opere inutili e dannose come la TAV e l’allargamento della base di Vicenza.

La commedia, durata 15 anni, è finita. La vetrina-Roma si è spenta. Il tempo dell’indifferenza per il dolore e la sofferenza è finito. Ora è giunto il momento della ricerca e del cammino. Ora è giunto il momento di trattare gli altri come vorremmo essere trattati. Ora il cammino per un nuovo progresso può ricominciare.

Roma, 29 aprile 2008

Carlo Olivieri
medico umanista

2 commenti:

grandeindio ha detto...

E' difficile commentare in poche righe questo articolo, perchè tocca tanti argomenti complessi.
Provo a scrivere qualcosa....
Noto delle posizioni "ideologicamente" strutturate che non si adattano più alla nostra società contemporanea.
Oggi non è più tempo di chiedere allo stato la difesa dei "nostri" diritti, perchè lo stato non ha più il potere di comandare.
Credo che noi cittadini possiamo e dobbiamo organizzarci per difendere la nostra cultura e la nostra identità, in modo da formare "gruppi" e "reti" solidali potenti, che possano creare gruppi di pressioni "influenti" sui mercati.
Credo che questa sia la sola speranza di cambiamento che possimo praticare per difendere i nostri interessi.
Credo che continuare a chiedere e sperare che lo "stato" possa e debba difenderci e proteggerci sia cosa vana, inutile, e può anche diventare con il tempo "pericolosa".

Un saluto ....e scusami se ti ho turbato!
Antonio

carlo olivieri ha detto...

Ciao Antonio.
Sono assolutamente d'accordo con te. Infatti il mio articolo, pur rivendicando una serie di diritti fondamentali, vuole essere un esortazione a muoversi proprio nella direzione che tu indichi e non certo nella direzione di una richiesta assistenziale ad uno stato che, per continuare ad esistere, ha obbedito a ciò che i grandi poteri economici e finanziari hanno preteso.
Sarebbe interessante dare seguito a queste idee. Che ne dici?

Un saluto
Carlo