mercoledì 5 marzo 2008
ALTRI CINQUE, NON BASTA?
Non si sa se sia stato lo zolfo o l’idrogeno solforato. Sta di fatto che altri cinque operai sono morti, rapiti dalla una delle morti più assurde, quella sul lavoro.
Gli ultimi dati ufficiali dell’Inail, risalenti al 2006, parlano chiaro: in quell’anno ci furono più di 900mila incidenti sul lavoro, con più di 1.300 decessi, senza tener conto del lavoro nero e di tutti i casi che vengono fatti passare come malattie comuni. Una vera e propria guerra, che dura ormai da troppo tempo.
Oggi tutti si affrettano per approvare i decreti della legge 123 sulla sicurezza sul lavoro. È giusto, ma non basta.
Il 92% delle persone che sono morte sul lavoro, stava lavorando in piccole aziende, compresi i cinque operai di Molfetta. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che è proprio nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove non c’è l’applicazione dell’articolo 18, quello che impedisce di licenziare senza giusta causa, che si muore di più. In aziende così piccole, dove puoi essere licenziato in qualsiasi momento, si è disposti, pur di non perdere il posto di lavoro, a chiudere anche tutti e due gli occhi sulla mancanza delle norme di sicurezza.
Bastano questi pochi dati per capire dove sta il nocciolo del problema. Aumentare l’efficacia delle ispezioni e le sanzioni contro gli imprenditori inadempienti può essere anche giusto, ma se continuano a permanere le condizioni ricattatorie – compresi i contratti interinali e a progetto - che costringono i lavoratori a sopportare il rischio di perdere la propria vita, il problema non verrà risolto.
Solo se tutti i lavoratori, compresi i dipendenti delle aziende più piccole, saranno nelle condizioni di farsi rispettare senza il rischio di perdere il lavoro, si ridurrà drasticamente il numero degli incidenti e dei morti sul lavoro. L’articolo 18, quindi, deve essere esteso a tutti, senza alcuna discriminazione. Così come devono essere eliminate tutte le condizioni, anche legislative, che costringono milioni di persone a sopportare anni e anni di precariato.
Roma, 5 marzo 2008
Carlo Olivieri
medico umanista
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Meno cinque
Michele avrebbe compiuto vent'anni domenica prossima.
E' deceduto poco fa, raggiungendo i suoi quattro amici che lo aspettavano oltre il fiume.
Lo aspettavano, come lui aspettava loro. Li aveva cercati, trovati, con la solidarietà dello sfollato. Di un'Italia che non c'è più. Che esiste, ma è morta nei nostri cuori, e muore ogni giorno di più, con la morte delle classi sociali, nel livellamento amorfo, nella cappa d'ipocrita splendore che abbaglia e non illumina.
Muore nella "mala luce" di chi vanta e spaccia un unico, insultante ed edonistico presente.
Muore, e sappiamo che quell'attesa è un'illusione. I suoi amici non esistono più. Hanno stentato l'eternità col gesto sommo dell'umanizzazione totale. Ma il paradiso è un lusso che non gli è concesso.
***
P. S.:'''Credo che bisognerebbe cambiare l'intero Statuto dei lavoratori e introdurre misure più nuove e più moderne'. Ne e' convinto il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, che risponde cosi' a Emilio Carelli a Sky tg24 pomeriggio, sulla possibilita' che un suo nuovo eventuale governo possa tentare di nuovo di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori" (ASCA, 4 marzo 2008). Confindustria: non firmeremo il pacchetto sicurezza. E' troppo penalizzante per le imprese. Di "nuovo e moderno", solo il linguaggio. E neanche sempre. I padroni non cambiano mai.
Posta un commento